mercoledì 14 settembre 2016

Nascondere il migrante nell’immigrazione. Cioè: nasconderci l’umanità, seconda puntata

di
Francesco Zanotti

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Ieri ho provato a parlare della malattia come tratto esistenziale ineludibile. Per inciso oggi Mauto Covacich sul Corriere si augura addirittura che si possa avere qualche grande leader malato perchè la realtà dell’essere umano arrivi al potere. Un leader malato, aggiungo io, ha molte più probabilità di non essere un leader egoista ed approfittatore rispetto ad un leader che rincorra una umanità “salutista e nosofobica” (espressione di Covacich).
Oggi vorrei proporre un altro bagno nella umanità profonda: quella del migrante. Una persona che viene banalizzata come semplice creatore di flussi migratori.
La storia che propongo mi viene da una piccola antropologia locale dove per forza il migrante è una persona umana.
Penso spesso al divario che c'è fra "macro"e "micro" e a come questo divario crei 'il problema'. I grandi dibattiti allontanano il focus dalla persona.
La persona è una pedina su cui si giocano partite immorali e dis-umane.
Penso a Fares il ragazzo egiziano che è in pericolo di vita per un tumore: alla mattina alle 8 la mamma lo chiama al telefono ed insieme pregano Allah, la mamma gli legge versetti del Corano e lui ascolta accucciato nel suo letto e di rimando intona sommessamente un canto arabo. Non hai  idea di quanto questa situazione inaspettata mi abbia ancor più avvicinata a questo suo  mondo..che ha gesti del mio mondo.
Per l'amore che ha per la sua famiglia si mette in contatto con loro solo quando si sente un po' meglio e dice loro di stare tranquilli perchè siccome è in un ospedale italiano sicuramente guarirà...Quando gli ho detto che ho visitato due volte l'Egitto si è illuminato  'tu sei venuta da noi?' Viene da una regione del sud, insieme abbiamo “fatto Skype”  ho visto quattro volti e quattro generazioni, è stato uno scambio molto semplice di gesti e di parole ma immensamente carico di emozioni....e da lontano la piccola nipotina mi manda un 'I love you'..anch'essa diventerà cittadina del mondo!
Ti dico di Sadìa che è scappata dalla 'sua' Somalia dopo che le hanno ammazzato la sorella con un colpo alla tempia dopo averla stuprata. Lei, nascosta si è salvata ma non può dimenticare e scappa  scappa dal suo dolore.
Ti dico di Aruna che viene dal Mali  che vuole imparare bene l'italiano ma così bene che si scarica da internet il vocabolario di italiano per 'conoscere' più parole possibili e che mi chiede di spiegargli il congiuntivo ed il condizionale, gli dico di lasciar perdere ma cedo alla sua insistenza. Gli è costato così tanto, in termini di soldi e di rischi, essere qui che non si permette alcun cedimento. Ci tiene Aruna ad avere amici e ora ne ha.

Ti dico di Salìa che viene dalla Nigeria, sposato con 5 figli piccoli, mi guarda l'anello che ho al dito. Gli chiedo perché lui non ce l'abbia....è stato l'ultimo 'dazio' che ha dovuto pagare per salire sul barcone.
Ti dico di due ragazzoni che prima di arrivare con un barcone hanno lavorato in Libia. Dico 'Bene!' mi guardano stupiti. Usano questi ragazzi per lavori saltuari, finito ciò o loro riescono a salire sul barcone o li ammazzano perché non vogliono pagarli. Altri si danno ad una fuga a ritroso che non ha vie d'uscita.
A chi mi dà della buonista rispondo che questo è quello che mi riesce di fare, non mi riesce di fermarmi alle apparenze spingo avanti la mia curiosità e  'li guardo negli occhi'.
Sono sempre più disgustata dal gioco che si fa sopra le loro teste, le loro famiglie, le loro nazioni ... che è poi il gioco che si fa sopra le nostre teste, le nostre famiglie, le nostre nazioni...
Mi si permetta uno sfogo: siamo ancora qui a parlare di nazioni e nazionalismi, niente sembra fermare la nostra stupidità.


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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.