giovedì 13 agosto 2015

Rivoluzione digitale? Ma siamo sicuri di sapere …

di
Francesco Zanotti


Ma siamo sicuri di sapere che cosa sia veramente?
In estrema sintesi la rivoluzione digitale è il tentativo di descrivere tutto il mondo (oggetti, attori, azioni etc.) con sequenze di due valori (zero e uno; oppure vero e falso: oppure aperto e chiuso) che, poi, si possono manipolare. E’ ovvio che la digitalizzazione (quel trasformare tutto in sequenze di due valori) è utile. Anzi, è utilissimo: permette di fare cose straordinarie che prima non erano possibili.
Ma è una rivoluzione limitata.
Pensate al Settecento e all’Ottocento. Abbiamo vissuto la rivoluzione meccanica. Abbiamo vissuto una sorta di rivoluzione degli ingranaggi: la macchina (l’orologio e i suoi ingranaggi) era la metafora con cui si cercava di descrivere tutto. Cervello compreso. Ma la macchina non era tutto e oggi fa ridere quell’ingenua ambizione di “ingranaggiare” tutto.
Oggi è la rivoluzione digitale sembra tutto il mondo, ma non lo è.
Con il computer (che è la macchina che manipola le sequenze di zeri ed uno) si possono fare un sacco di cose, ma non se ne possono fare moltissime altre. Se ci si prova le si fa in modo distorto. Tanto distorto. Non voglio rifermi a cose note: il computer non sa dipingere la Gioconda. Perchè troverei qualcuno che mi dice: dai tempo al tempo e vedrai.
Voglio fermarmi ad una cosa piccola piccola che ha un grande significato: il computer non riconosce e non sa manipolare numeri come √2 (la radice quadrata di due). Dobbiamo fornirgli una sua approssimazione. E che male c’è? Nulla! E’ che scegliendo quale approssimazione, noi scegliamo un tipo di mondo rispetto ad un altro. Pensiamo che il computer simuli la realtà? Simula la realtà che gli abbiamo dato noi. E lo fa in modo molto semplicistico perché lui capisce e si esprime solo con due caratteri e lo fa mettendoli in fila.
Non ci sono pennellate di vita. E tanto meno vi saranno macchine di Touring (i computer che oggi digitalizzano sono solo macchine di Touring) non dipingerennao mai Gioconde. E neanche capiranno la radice quadrata di due.



2 commenti:

  1. Caro Francesco,
    è vero che quella digitale è una rivuluzione limitata, ma come nel 700 la macchina a vapore ha trasformato radilcamente la vita del tempo, così la rivuluzione digitale può trasformare in modi che ancora non possiamo immaginare la nostra vita. Per esempio, la stampante a 3D, come sottolinei anche tu in diversi blog, ha delle potenzialità ancora inespresse che davvero potrebbero rivoluzionare l'organizzazione dell'economia industriale così come la pensiamo adesso. Piccoli fabbriche simili a uffici diffusi, invece che gradi stabilimenti mega inquinanti.
    Mi piacciono alcune delle idee proposte dagli autori del libro "La nuova rivoluzione delle macchine" che per esempio citano il caso dei computer che giocano a scacchi. Dopo che il compotere battè il campione del mondo di scacchi alla fine degli anno 90 sembrava fosse finita per l'uomo: invece ora anno tornei misti in cui le eprsone possono usare normali portatili e sfidare grandi campioni o supercomputer. Ebbene due ragazzi normalissimi, abastanza scarsi, con 3 portatili hanno battuto il supercomputer. Non più quindi uomo contro computer, ma l'uomo e il compuer insieme possono fare cose straoridinarie che da soli non avrebbero mai fatto.
    In questo senso la rivoluzione digitale (unita ad una altrettamno necessaria rivoluzione cognitiva) potrebbe davvero permettere una nuova rivoluzione.

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    1. Caro Stefano ti ringrazio per le tue osservazioni.
      E ti prego … non me ne volere … io farei qualche errore di battitura in meno: ne va della comprensione.
      Sui contenuti: io non intendevo certo demonizzare il digitale, ma la integrazione tra uomo e macchina di cui senti l’esigenza (e sulla quale credo non si possa eccepire) necessita di una comprensione profonda di cosa possa fare un computer.
      In quest’ottica … me lo lasci dire? L'esempio che hai fatto degli scacchi dimostra il problema concettuale che abbiamo di fronte: troppo spesso non si capisce esattamente cosa possa fare un computer.
      Un computer sa simulare esattamente solo “fenomeni” calcolabili. Cioè fenomeni che possono essere descritti attraverso numeri naturali (o numeri razionali) e sono somma di operazioni elementari. Detto diversamente, sono fenomeni il cui andamento è esattamente simulato da un programma. Così è il gioco degli scacchi. Quello che tu hai descritto è solo il fatto (per come lo hai descritto) che due ragazzi, usando una struttura hardware “decentrata” (poco), sono riusciti a costruire un programma migliore di quello che girava sul super computer che hanno battuto.
      Quello da tener in conto è che i programmi sono scritti dagli uomini e sono sempre migliorabili. Ma si tratta di sostituire programmi con altri programmi.
      Il problema è capire quali sono le prestazioni che non sono realizzabili da un computer. E, qui, devo ammettere che le opinioni divergono. Vi è chi sostiene (i fautori della visione forte dell’intelligenza artificiale) che i computer diverranno capaci di realizzare le stesse prestazioni del cervello e molto di più. Io credo che questa opzione sia esclusa proprio perché tutti i computer sono solo macchine di Turing i cui limiti prestazionali sono sintetizzati nel problema dell’alt. Ma c’è chi insiste sull’intelligenza artificiale forte …
      Tema aperto, dunque. Ma che necessita di essere approfondito. Io credo che alla fine il tema sia questo: c’è qualcuno che sa costruire un “aggeggio artificiale” che non sia una macchina di Turing? Fino a che qualcuno non lo sa fare rimangono tutti i limiti prestazionali delle macchine di Turing.

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.