sabato 25 ottobre 2014

Una scienza elitaria????

di
Francesco Zanotti


Stamattina ho letto una breve commemorazione di Tullio Regge (fisico) da parte di Edoardo Boncinelli. E mi sono scandalizzato. E, spero, si scandalizzeranno con me tutti coloro che, con contributi diversissimi, stanno dando una mano nel realizzare l’Expo della Conoscenza.
Non riguarda quello che dice di Tullio Regge.
Riguarda il finale che riporto testualmente: “La scienza può essere bellissima e illuminante nella mani giuste. Non tutti, però, possono giungere a tale altezza.”

La prima tentazione è quella di fare ovvie osservazioni psicologiche e sociologiche sul sostenere che esistono le mani giuste (e, quindi, le altre, quelle di tutti noi che oggi non facciamo scienza professionalmente, sbagliate) e che le vette della scienza solo per una élite che, ovviamente, ha le mani giuste. Ma sono, davvero, troppo ovvie.

Lascio la tentazione e voglio solo esporre una tesi radicalmente diversa.
Oggi abbiamo una scienza elitaria per il banale motivo che abbiamo coltivato uno specialismo che è frutto di una visione riduttivistica del mondo. Ora, ogni area di conoscenze elitaria diventa, inevitabilmente, autoreferenziale e finisce col perdere di significato. L’esempio più eclatante è quello della fisica dove si pensa di essere riusciti a sapere (quasi) tutto, ma solo su circa il 4% della materia-energia (le cose di cui si occupa la fisica) che esiste nell'Universo. Questo significa che la scienza si trova, oggi, complessivamente, di fronte ad una crisi di crescita: grandi conquiste del passato che stanno girando solo su loro stesse. La tecnologia è figlia di questo avvitarsi. Siamo solo capaci di costruire il sempre più grande e il sempre più piccolo. Ma non il diverso.

Cosa accade quando si vive in una crisi di crescita?

Vi è il tentativo di conservare il passato che è giustificato, psicologicamente e sociologicamente (nonché per i suoi risvolti economici), dalla voglia di non vedere minacciato il proprio ruolo sociale e politico acquisito. Se non si afferma che deve esistere una élite di esperti, come si fa a campare facendo gli esperti che non possono essere messi in discussione proprio perché sono esperti?

Insieme al tentativo di conservare vi è, però, anche la voglia di nuovo. La storia insegna che questa voglia di nuovo non nasce mai dagli esperti che si considerano tali per diritto divino (o del “caso”, secondo Boncinelli; “caso” che, però, sociologicamente svolge la stessa funzione di dio nello scegliere gli eletti).
La voglia di nuovo e la generazione di nuovo verrà solo quando la scienza romperà i suoi steccati specialistici e professionali e si attiverà un processo di creazione di conoscenza socialmente diffuso. Gli specialisti dovranno avere l’umiltà di diffondere le conoscenze necessarie, ammettendo: noi siamo arrivati a questo punto, con questo modello di ricerca. Più avanti non sappiamo andare. Rendiamo disponibile la nostra conoscenza a tutti perché nasca una nuova modalità di fare scienza ed una nuova scienza. Certo questo mettere a disposizione non potrà essere un divulgare, semplificare. E chi accetta di partecipare a costruire una nuova scienza non dovrà fare sconti alla fatica necessaria. Dovrà studiare duramente per non perdere nulla di quanto oggi sappiamo. Non ha il diritto di banalizzare, semplificare. Deve sentire il dovere di andare molto oltre. Se mi si permette uno slogan: nessuno ha diritto di divulgare (considerandosi detentore di una qualche verità) e nessuno ha diritto di chiedere divulgazione. Cioè sconti alla fatica dell’apprendere.

Dopo tutto, questo è il messaggio dell’Expo della Conoscenza. 

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...continua

Ce ne stiamo accorgendo a colpi di crisi ricorrentesi in ogni dimensione dell'umano. E' evidente che dovunque guardiamo c'è qualcosa che, gravemente, non va: lo sviluppo economico, la povertà, il rapporto con la natura, la soddisfazione sul lavoro e le profonde esigenze di realizzare una vita degna... E allora vogliamo smetterla di denunciare il passato? Sta diventando stucchevole cercare l'ennesimo cantuccio della stanza della società industriale e scoprire ancora una volta l'accumularsi di una polvere. E' il momento di lasciar riposare per un po' la denuncia e la protesta anche perché, se siamo onesti, dobbiamo chiederci: ma noi dove eravamo in questi anni?

Vivevamo su Marte e improvvisamente siamo tornati sulla terra ed abbiamo scoperto che quegli inetti di terrestri, dopo la nostra denuncia, non aveva fatto nulla. E tocca ancora a noi risvegliare le coscienze? Certo che no! Noi abbiamo vissuto immersi in questa società. Sono anche le nostre azioni che hanno mantenuta chiusa la stanza. Lasciando accumulare e incancrenire polvere. Viene quasi da dire: l’accumularsi e l’incancrenirsi ci fa comodo perché la nostra unica competenza era il contestare. Visto che sul costruire abbiamo dato tutti pessima prova.
E non si dica che qualche potere forte, da qualche parte ha impedito che le nostre folgoranti idee liberassero la stanza dalla polvere dell’ingiustizia, del privilegio … Quelli che sembrano poteri forti lo sono solo di fronte alla nostra incapacità di costruire alternative.
Cara e vecchia società di tutti noi, dunque. Che ci ha permesso di superare secolari infelicità … Certo non tutte, certo non a tutti, certo non ugualmente, ma molto.
Cara e vecchia società dalla quale ora dobbiamo allontanarci con un pizzico di nostalgia. Portandoci dentro lo zaino che accompagna ogni viaggio tutto quello che di buono ha prodotto.
E con il passo che diventa sempre più baldanzoso a mano a mano che diventa chiaro il luogo, la nuova società verso la quale siamo diretti ..
Ma verso quale luogo vogliamo dirigerci? Quale nuova società vogliamo costruire?
Noi certo non lo sappiamo! Sappiamo solo come fare a costruirla!

Allora la nostra proposta è strana. Non abbiamo soluzioni, linee politiche, idee originali. Ma un metodo con il quale generarle.
Primo passo di questo metodo: cambiamo i linguaggi. Secondo usiamo questi nuovi linguaggi per progettare insieme .. Accidenti, mi rendo conto che mi sto avventurando in un sentiero accidentato …
Allora provo con una storiella. Pensiamo di indossare occhiali verdi e di dover dipingere una parete di un nuovo colore: il verde ci ha seccati. Ai nostri piedi abbiamo una vasta gamma di barattoli di vernice. Ma tutti i colori ci sembrano gradazioni del verde. E, così, piano piano ci sembra inutile ridipingere una stanza di un nuovo colore che potrà essere solo una gradazione di verde. Accidenti ai poteri forti che ci costringono a dipingere sempre e solo di verde …
Ma poi arriva qualcuno che ci convince che un certo barattolo contiene il rosso. Ma apparirà rosso solo quando lo stendiamo sulla parete … Così, spinti da nuova fiducia e dalla voglia di avere nuova fiducia, cominciamo a dipingere. Ma, anche dopo averlo steso sulla parete, quel colore continua ad essere l’ennesima gradazione del verde. Allora la nostra collera e massima: certo solo un grande complotto di qualche potentato molto potente ci può costringere a naufragare in un mare di verde …
Maledetti poteri forti .. .
Così attiviamo un Gruppo antiverde. Che, innanzitutto, continua ossessivamente a dimostrare che tutto è di quel verde che, oramai invece di speranza, sta a segnalare schifezza. E poi cerca di buttare via tutti i barattoli …
Cosa significa partire dai linguaggi e dal metodo per usarli?
Significa togliersi gli occhiali verdi. E riuscire così a scoprire che tutti i barattoli sono effettivamente di mille colori. Riuscendo a vedere mille colori rinasce davvero la speranza di poter dipingere diversamente la stanza. Ma non possiamo stare senza occhiali ed ogni tipo di occhiale, anche il più sofisticato, altera i colori … Anche il rosso più sfavillante sarà, poi, sempre, ideologicamente, rosso … Ed allora che fare? Impariamo a cambiare occhiali quando vogliamo vedere cose diverse. Ma, poi, come dipingiamo quella stanza? Inevitabilmente tutti insieme con occhiali diversi. Perché ognuno può portare un solo tipo di occhiali per volta. E per fare della stanza un capolavoro, sono necessari tutti i colori. Quando il dipinto a mille mani sarà finito potremmo vedere un miracolo che piacerà a tutti e che tutti potranno vederlo in modo sempre diverso. Basterà indossare gli occhiali degli altri e se ne scoprirà un bellezza diversa.
Allora il nostro programma è molto semplice. Apparirà forse banale e ininfluente: diffonderemo nuovi linguaggi ed attiveremo gruppi progettuali che li useranno per progettare i mille aspetti di una nuova società.
I linguaggi sono i modelli e le metafore che nell'ultimo secolo, provenendo sostanzialmente dalle scienze della natura, si sono aggiunti a quelli tipici della società industriale.
Il metodo con il quale li useremo sarà Sorgente Aperta …
Ma perché “balbettanti”? Perché nel progettare un nuovo mondo ci rendiamo conto che il primo esprimersi non sarà che un balbettio. E, perché “poietici”? Perché il balbettio dovrà essere fecondo. Si trasformerà certamente in storie che cominceranno ad essere vissute.
Allora anche questo manifesto è un balbettio poietico? Certamente. Speriamo di doverlo riscrivere al più presto meno balbettante e più fecondo.