di
Francesco Zanotti
Ma è la presunzione di
consideralo un successo completo che ne sta generando la perdita di funzionalità
e di senso. Sia della sua struttura fattuale che della sua struttura cognitiva.
Perdita di senso della
ortodossia fattuale della società industriale
I bisogni igienici sono
“finiti”. Ha senso perseguire il progresso nella qualità e nella quantità dei
prodotti che dovrebbero soddisfarli fino a che non si raggiunge un buon livello
di saturazione quantitativa e qualitativa dei bisogni igienici, fondamentali.
Poi l’uomo comincia a
“filosofare”. Emergono esigenze di auto realizzazione più complesse del
soddisfacimento dei bisogni igienici.
Nel mondo occidentale le risorse
cognitive delle classi dirigenti produttive non sono state in grado di
riconoscere queste nuove esigenze di auto realizzazione e hanno cercato di
soddisfarle aumentando le prestazioni e il potere di fornire identità sociale
dei prodotti. Fino ad un certo punto la strategia ha avuto successo, tanto da
indurre fenomeni di over acquisto. Ma ora sta diventano evidente che le nuove
prestazioni dei prodotti tipici della società industriale non sono poi così
utili e l’identità sociale che fornisce un orologio, un capo di abbigliamento o
un’automobile è solo una protesi di identità.
In sintesi, nel mondo
occidentale, i prodotti tipici della società industriale stanno perdendo di
funzionalità e significato. E le imprese non riescono più ad essere luogo
di autorealizzazione delle persone, fornitrici di funzionalità ed
esistenzialità. Si sono come chiuse in identità sclerotizzate che non riescono
più ad essere generatrici di valore e protagoniste attive nello sviluppo
sociale e politico.
Il perdere di funzionalità e
senso delle organizzazioni economiche sta trascinando dietro di sé il perdere
di funzionalità e di senso del resto della società che è finalizzato al
miglior funzionamento delle stesse organizzazioni economiche.
In particolare sta perdendo funzionalità
e senso lo “specialismo” di attori sociali, politici e istituzionali e il
concetto stesso di classi dirigenti, economiche, sociali, politiche o culturali
che siano. Ed anche la forma di governo direttivo tipica della società
industriale che è strettamente legato all’esistenza ed al ruolo delle classi
dirigenti. Compreso quel tentativo di stemperare l’ontologia direttiva della
società industriale che è la democrazia rappresentativa.
La società industriale ha
cercato di clonarsi nel resto del mondo.
Sistemi di risorse cognitive
molto diversi da quelli che hanno generato (dai quali è emersa) la società
industriale però non sono adatti a supportare la logica profonda delle nostre
organizzazioni economiche con il loro indispensabile corredo infrastrutturale,
sociale, politico e istituzionale.
Il risultato complessivo
dello sforzo di clonazione (ieri di colonizzazione) è fallimentare.
Solo per fare esempi: invece
di nuovi mercati abbiamo attivato una nuova concorrenza, capace di innovazione
funzionale e, soprattutto, di significato esistenziale dei prodotti necessari a
soddisfare bisogni igienici.
Invece di esportare la
democrazia rappresentativa stiamo solo distruggendo equilibri antropologici
complessivi che, forse, sono da superare, ma non usando i nostri modelli
sociali, politici ed istituzionali.
Complessivamente, però, le
imprese tipiche della società industriale, le infrastrutture e le istituzioni
che le supportano stanno continuando a crescere. Questo comporta che, a causa
del tipo di relazione (sostanzialmente di sfruttamento e non di sviluppo sinergico)
che hanno con l’ambiente naturale, rischiano di distruggerlo.
In particolare
l’eterogeneità strutturale dell’ambiente artificiale creato dalla società
industriale con l’ambiente naturale era sopportabile fino a che è rimasta isolata
in nicchie. Oggi, però, l’ambiente artificiale che abbiamo creato sta
occupando tutto l’ambiente naturale e rischia di soffocarlo. La diversità
sta diventando incompatibilità esiziale: la richiesta di risorse e la quantità
di rifiuti da disperdere stanno diventando insopportabili per l’Ambiente
Naturale.
Perdita di senso della
ortodossia cognitiva della società industriale
Il sistema delle risorse
cognitive della società industriale ha auto scoperto i propri limiti. Di essi
propongo una sintesi “estrema”.
La relazione che l’uomo
costruisce con la natura è costruttiva. Questo significa che non può essere
solo un guardare e sfruttare, ma è, inevitabilmente, un convivere e coevolvere.
Conseguentemente il parlare
di identità e di leggi (come è fatta e come funziona) di natura) ha senso solo
nei limiti in cui vale la visione espistemologica e ontologica della fisica
classica: la interazione con il mondo è un guardare senza turbare e un
utilizzare senza compromettersi.
La non accettazione di
questi limiti ha portato a veri e propri processi di degenerazione cognitiva.
Si costruiscono teorie che
sembrano (solo sembrano perché, come abbiamo detto, nessuna teoria “digitale”
può essere completa) spiegare ogni cosa, ma poi, si scopre che valgono solo per
“pezzi” piccolissimi di mondo. Ad esempio, il modello standard delle particelle
elementari spiega quasi tutto di circa il 4% della massa-energia che
costituisce l’universo. Quasi specularmente, lo studio del genoma ha finito per
comprendere il senso solo di una percentuale analoga del DNA, definendo il
resto “DNA spazzatura”.
La specializzazione stessa è
diventata un limite cognitivo: le diverse discipline possono essere esplorate
solo da “monaci” che si dedicano esclusivamente ad esse. Ed anche in questo
caso riescono a padroneggiarne solo pezzi. Detto diversamente, le diverse
discipline si sono isolate in isole di specializzazioni autoreferenziali
che richiedono sempre più risorse per sviluppare, però, mondi sempre più
incomprensibili visti dall'esterno.
La ricerca è diventata
sempre più solo mega-ricerca. Per approfondire la conoscenza servono
macchine sempre più grandi delle quali non si coglie il paradosso: per cercare
di conoscere livelli sempre più fondamentali del mondo si è costretti ad usare
energie sempre più elevate che, però, sempre di più non contemplano il mondo,
ma lo creano.
Da ultimo, il pensiero
scientifico ispirato alla fisica classica sta radicalizzando sempre di più la
sua contrapposizione al pensiero umanistico. Tanto che molte discipline
scientifiche vengono distorte, piegate a dimostrare che i fondamenti del
pensiero umanistico sono quasi una droga oscurante ed oscurantista. La
battaglia, in molti casi violenta, scioccamente partigiana, contro il credere
in un Dio è la dimostrazione di questa voglia di radicale contrapposizione.
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