Mettiamo insieme un po’di notizie ...
Oggi (3 novembre 2009) sul Sole 24 ore sono apparsi alcuni articoli che il giornale non collega né editorialmente né con commenti, ma che, secondo me, permettono di comprendere dove siamo, dove non stiamo andando e dove, invece, dovremmo andare.
Il primo è l’articolo di fondo di Nouriel Roubini. Riporto il sottotitolo della continuazione a pag 15 del testo in prima pagina: “Le operazioni di carry trade sul dollaro potrebbero destabilizzare il sistema”. Al di là dei tecnicismi, si sostiene che le operazioni di carry trade stanno costruendo un’altra mega bolla di prossima ventura esplosione.
Poi, vi sono gli articoli che descrivono gli sforzi per migliorare la quantità e la qualità del credito. In particolare, si descrive la moratoria che le banche stanno concedendo. E come questa moratoria debba essere utilizzata. "La moratoria ha senso - sostiene Morandini (secondo quanto riferisce Rita Fatiguso) - se si riesce a recuperare volume e far crescere il fatturato. La strada degli incentivi ha funzionato, adesso vanno estesi a tutto il manifatturiero. Bisogna rilanciare i consumi.”
Da ultimo, un' intervista a Diana Bracco che propone: “Il Paese investa nel futuro”. E l’investimento è sostanzialmente nella ricerca tecnologica.
Tutti questi articoli manifestano un'unità profonda: rivelano dove stiamo andando. E, purtroppo, indicano che stiamo cercando di ritornare al mondo pre crisi. E questo non è possibile!
Stiamo tentando di tornare al mondo pre crisi perché la finanza continua a cercare fonti di guadagno auto riferite: investendo su se stessa e non su progetti d’imprese. E, così, non rimuovendo la causa fondamentale (l’investire auto riferito su se stessa) del formarsi di bolle sempre più gigantesche.
Stiamo tentando di tornare al mondo pre crisi perché le imprese, da parte loro, non hanno l’ambizione di costruire una nuova economia ed una nuova società. Si vuole che aumentino i consumi e si intende: i consumi dei prodotti di sempre. Non si percepisce che non è più possibile costruire sviluppo aumentando la produzione dei prodotti di sempre. Innanzitutto per ragioni di sostenibilità. Non voglio fare dell’ambientalismo di maniera, ma mi spaventa che nessuno colga che lo stile di vita occidentale non può diffondersi in tutto il mondo perché non abbiamo le risorse fisiche perché questo sia possibile. E, ancora di più, non si percepisce che questi consumi sono sempre meno desiderabili. I prodotti hanno perso gran parte del significato simbolico che avevano nel passato ed è rimasto loro solo un significato funzionale che ne diminuisce il valore percepito. Forse, nascostamente, anche se non si vuole ammetterlo, si riconosce tutto questo perché si spera in incentivi diffusi: senza incentivi non si compra. Ma gli incentivi sono controproducenti perché nascondono la perdita di interesse su prodotti che vengono comprati solo se costano molto meno di quello che servirebbe alle imprese per prosperare. E, poi, spostano in là il momento in cui riusciremo a prendere coscienza che altri consumi ed altre imprese sono necessari, possibili e desiderati.
Stiamo tentando di tornare al mondo pre crisi perché le banche si sono piegate (non solo per responsabilità sociale, ma anche perché spaventate dell’effetto sui loro bilanci dell’impatto delle sofferenze che avrebbe generato il non concedere una moratoria) alla moratoria, ma non hanno un ruolo attivo nell’aiutare la consapevolezza delle imprese sul fatto che un’altra industria, un’altra economia è desiderabile, necessaria e possibile.
Stiamo tentando di tornare al mondo pre crisi perché si parla solo e soltanto di innovazione tecnologica. Non è solo di innovazione tecnologica che necessitiamo, ma di innovazione umana: dobbiamo riprogettare un nuovo sistema industriale, una nuova economia, una nuova società ed un uomo nuovo. Per fare questo, dobbiamo prendere atto che, oggi, la scienza non è più quella che sta al fondamento della vecchia tecnologia industriale. E’ nata una nuova scienza che costituisce una rivoluzione rispetto alla concezione della scienza di Galileo, che sta al fondo della società industriale. La nuova scienza, che, qualche volta, viene descritta come “scienza della complessità”, è la materia prima per comprendere i processi evolutivi dei sistemi umani (le imprese, ma anche le istituzioni) e, quindi, per progettarne di nuovi (nuove imprese e nuove istituzioni).
Conclusione? Cioè: dove dovremmo andare? L’ho già scritto … E’ necessario, invece tentare di tornare al mondo pre crisi, avviare la costruzione di un nuovo mondo partendo da quell’insieme di nuove conoscenze che sono costituite dalle scienze della complessità. Lo stiamo facendo con mille iniziative, mille stille di proposta …
il modello che prevedeva produzione standardizzata di massa (fordista per intenderci)è entrato in crisi già alla fine degli anni '60...quello che dice roubini sarà anche è vero..ma è una semplice declinazione di un fenomeno partito ormai più di 30 anni fa (fine della convertibilità del dollaro in oro), con la moneta che diventa puro segno...da allora si sono sviluppati una serie di meccanismi che hanno reso la borsa il punto nevralgico dell'economia mondiale.. luogo dove si decide su salari, istruzione sanità e produzione....
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