di
Francesco Zanotti
Così, percossi ed attoniti, stiamo tutti noi di fronte a quello che è
successo a Lampedusa. Anche nobilmente percossi ed attoniti: “Ma non è forse
una cosa da pazzi furiosi definire clandestino un uomo che ha paura di morire?”,
scrive Emanuele Trevi sul Corriere. “Vergogna” grida il Papa …
Anche indignatamente percossi ed attoniti perché si chiede che la
politica governi (ad esempio, Fabrizio Forquet sul Sole 24 Ore). Qualcuno, meno
percosso ed attonito, chiede presidi e difese al di qua ed al di là del
Mediterraneo.
Ma nessuno fa proposte radicali. Cosa intendo con proposte radicali? Quelle
che vanno alla radice del problema e, proprio per questo sono folli. Come quella
che provo a fare.
Innanzitutto, dobbiamo riconoscere che siamo noi ad avere bisogno di
loro. Anche delle loro braccia, ma, soprattutto, della loro esistenzialità
profonda. Siamo una civiltà stanca ed incancrenita. Dobbiamo rinvigorirci con
una nuova umanità. Cioè: non siamo di fronte ad un problema, ma ad una potenzialità
di salvezza proprio delle nostre società, dei nostri figli. Siamo di fronte ad
una potenzialità di un futuro che, da soli, abbiamo ampiamente dimostrato di
non saper costruire. Come tutte le opportunità, anche questa, epocale,
universale, se la si snobba, si trasforma in minaccia e tragedia.
Ma cosa fare operativamente?
Fare in modo che questi Paesi si dotino di un proprio Progetto di
sviluppo che nasca dalle loro esistenzialità profonde. Non un Progetto di sviluppo
costruito da qualche ufficio studi o da qualche agenzia dell’ONU.
E come si fa a far emergere progetti di sviluppo?
Innanzitutto, offrendo a queste persone nuove risorse cognitive perché possano
esprimere la loro esistenzialità profonda. Diceva un tempo don Milani, con le parole
del tempo: “Ai poveri date il linguaggio. Poi sanno loro cosa dire”.
Secondariamente, attivando un processo di progettualità diffusa (stimolare
queste esistenzialità profonde ad esprimersi) che diventa alto e forte proprio perché
nutrito di nuove risorse cognitive.
In fine costruendo una sintesi di tutta questa progettualità. Una
sintesi che deve sorprendere chi la fa. Che cambia la vita a chi la fa.
Il fare emergere socialmente questi progetti di sviluppo costa
relativamente pochissimo (qualche piccolissima parte di una delle tante opere
faraoniche che stiamo scioccamente cercando di costruire, senza il senso
profondo delle opere dei veri Faraoni) e lo si può fare in tempi brevissimi
(qualche mese). Poi vedrete che i soldi per finanziare progetti emozionanti
salteranno fuori.
Concludo parafrasando Emanuele Trevi: ma non è forse da pazzi furiosi
rimanere a livello di denuncia richiesta, anche lacrime, e non cercare di fare,
almeno di ascoltare, proposte?
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