Nel mio ultimo intervento, ho parlato dell’organizzazione di un Expo della Conoscenza come di un contributo decisivo per smascherare la vera natura della crisi ed avviare un processo di sviluppo.
Ora provo a fare un passo avanti …
Quali idee si possono esporre all’Expo?
Cominciamo ad evitare un rischio: che le idee siano solo qualche stranezza piccola, piccola e carina, che faccia sorridere di compiacimento. Il compiacimento di una classe dirigente-papà che sorride compiaciuto alle domande ingenue o alle tenere smorfie di innovatori eterni fanciulli.
Provo allora a proporre che tipo di nuove idee sono necessarie a uomini che vogliano tornare liberi e forti. Liberi dalla crisi e così forti da sapere generare un nuovo mondo.
Mi sembra che le nuove idee possano essere di tre tipi: nuovi linguaggi, ipotesi per una nuova società, nuove grandi storie.
Nuovi linguaggi
Innanzitutto sono necessari (e, quindi, è necessario “esporre”) nuovi linguaggi. Ecco, non sto riferendomi a nuovi strumenti espressivi. Anche. Ma non solo. Sto riferendomi a nuovi modelli e metafore per leggere il reale e progettarne un altro. Nuovi modelli e nuove metafore che si condensino in una nuova visione del mondo. Se preferite parlare di una nuova cultura, facciamolo, ma stando attenti a che non si scivoli nella retorica, rischio al quale l’uso di questa parola ci sottopone.
Il paradosso è che la materia prima (modelli e metafore) per formare questa nuova cultura esiste.
Intendo riferirmi a tutte le nuove idee che sono nate nell’ambito della matematica, della fisica e della biologia e in molti altri campi disciplinari. Esse sono la materia prima per sostituire la cultura della società industriale, che può essere sintetizzata nella famosa espressione del Galilei: sensate esperienze e certe rappresentazioni. Ed anche per scoprire le culture di altri popoli, come i popoli orientali che hanno una cultura che è quasi l’esatto opposto della cultura della società industriale
Nuove idee per costruire una nuova visione del mondo, che serva come linguaggio per costruire un nuovo mondo, esistono. Ma non vengono usate da una classe dirigente “in altre faccende affaccendata”. Allora è il caso di portare alla luce queste nuove idee, questi nuovi linguaggi …
Mi scappa un esempio di nuovo linguaggio per dire cose nuove. E si tratta di un esempio che potrà sembrare paradossale: la matematica. Essa non è fatta solo di algoritmi sempre più sofisticati, che solo poche menti sanno comprendere e solo i computer sanno sviluppare. Essa è oggi quasi l’opposto della matematica che immaginava il Galilei: il linguaggio per costruire “certe dimostrazioni”. Essa è un linguaggio per costruire nuove geometrie per immaginare nuovi mondi. Quasi tutti quelli che vogliamo. E' un linguaggio che ha scoperto l’insensatezza delle ideologie, dimostrando che sono sempre o banali o auto contraddittorie. E’ un linguaggio nel quale alcuni (infiniti) suoi enti (i numeri irrazionali, ad esempio) racchiudono tutte le storie possibili. E’ un linguaggio aperto ad una crescita continua a sociale. E’ un linguaggio delle cui “lezioni” abbiamo estremo bisogno.
Ipotesi per una nuova società.
Con questa espressione, intendo, evidentemente solo come esempi non esaustivi, le seguenti ipotesi. Ipotesi, progetti di nuovi prodotti che debbono sostituire quelli oramai solo enfatici, noiosi e spreconi, che la società industriale ha creato: nuove auto, nuovi elettrodomestici, un nuovo vestire, nuove case … e chi più ne ha più ne metta. Nuovi servizi per il benessere fisico e, lasciatemi dire, metafisico delle persone e delle età. Nuovi sistemi produttivi, meno innaturali e devastanti. Un nuovo sistema di infrastrutture che faccia girare di più i bit e meno le cose. Un nuovo stato sociale che venga considerato un investimento e non una spesa. Dove la vecchia diatriba tra pubblico e privato si sciolga in una nuova cooperazione centrata su nuovi attori che non siano più né solo impresa, né solo stato. Un nuovo sistema di istituzioni e di fare politica che superi il modello troppo primitivo della democrazia decisionale.
Nuove grandi storie.
Con i nuovi linguaggi si formano le nuove ipotesi per la società prossima ventura. Ma queste nuove ipotesi devono dare vita a grandi storie complessive. Non a grandi ideologie. Credo, però, che rischiamo di buttare la classica acqua sporca con l’altrettanto classico bambino dentro. Nel secolo appena trascorso, abbiamo capito l’insensatezza delle grandi ideologie e abbiamo vissuto le tragedie che esse sanno generare. Allora abbiamo deciso, anche se non ci siamo per nulla riusciti perché ognuno di noi continua a pensare ideologicamente, a buttare le grandi ideologie. Ma occorre distinguere l’acqua sporca dal bambino. Le ideologie sono acqua sporchissima, soprattutto di sangue. Il bambino è l’aggettivo “grande”. E’ da salvare, perché non abbiamo bisogno di grandi ideologie, ma di grandi storie sì! Storie di una nuova società che potrà solo nascere solo come sintesi di grandi racconti che nascono in ogni anfratto di una società che ha davvero buttato l’ideologia.
. Linguaggi.
RispondiEliminaCiti come esempio la matematica, cosi’ come altre scienze o le culture dei popoli orientali. Come sai sono daccordissimo. Ma chi puo’ essere chiamato a illustrare, se non a insegnare ammesso e non concesso che si riesca a reclutare un popolo di “discenti”, tali nuovi linguaggi? Tu stesso hai sperimentato l’autoreferenzialita’ “a palla” (assoluta, completa, circolare, perfetta) dei tecnici dei vari settori. Persi nei dettagli dei loro tecnicismi, affetti da miopia concettuale, sono incapaci, secondo le tue parole che li hai incontrati, di trascendere dai loro ambiti angusti per regalare al mondo il tesoro che custodiscono. Che si fa allora?
2. Nuove societa’.
Qui’ mi sa che siamo, in generale, gia’ messi meglio. Da tempo abbondano proposte, piccoli o grandi, in tal senso. Ma purtroppo il rischio e’ un altro e lo hai identificato all’inizio: “che le idee siano solo qualche stranezza piccola, piccola e carina che faccia sorridere di compiacimento.” Chi si prende l’autorita’ di distinguere le idee grandi da quelle piccole? Certo agli estremi e’ facile riconoscerle, ma in mezzo, nell’area grigia?
3. Grandi Storie.
E’ la parte piu’ alta ma anche meno definita/definibile del “programma”. Ci vedo lo spazio per gli artisti, del pensiero e non solo. Non riesco pero’ ad immaginare un “call for paper” sull’argomento. Che si richiede? Cosa si cerca? Come sai, se si intende quello che penso cioe’ la narrazione, il nostro “movimento” ha sempre avuto assoluta incapacita’ di dialogare con un mondo che non sia fatto di operatori di business, molto, o di cultura scientifica, molto meno. Siamo assolutamente inattrattivi , se mi e’ concessa la licenza linguistica, verso il mondo dell’arte, non conosciamo nemmeno i loro linguaggi. Per non parlare poi delle culture orientali.
Detto questo pero’ mi sa che un primo schema e’ finalmente venuto fuori. Tre grandi aree tematiche sulle quali lavorare per dar corpo e forma all’expo’, reclutando idee, contributi, sponsorship, relatori nazionali e internazionali, alleanze con operatori esistenti e interessati a questo sforzo.
aleph, che dire... complimenti per la profondità del blog. ci tornerò spesso. e anche tu torna a trovarmi!
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