Credo che sarebbe stato interessante provare a riflettere due anni fa su queste parole ...
Noi stiamo certamente vivendo una serie di problemi rilevanti che tutti conoscono.
Essi vanno dai grandi problemi dei conflitti, delle migrazioni e delle disuguaglianze a problemi che sembrano più locali come l’occupazione, l’inquinamento, il trasporto, la demografia, l’integrazione. Fino al problema drammatico dell’infelicità esistenziale che è più diffuso e profondo di quanto si creda.
Ma tutti questi problemi non sono specialistici e separati. Essi sono ologrammi (cioè declinazioni nel concreto) di un problema solo. Il problema è semplice a indicarsi: la società industriale che ha prodotto il nostro attuale benessere e che ha informato tutta la nostra società, oggi non è più sufficiente a produrre ulteriore sviluppo. Anzi, credo si possa dire che si sta auto distruggendo.
Se il problema è questo, allora la soluzione è altrettanto semplice a dirsi: occorre progettare un nuovo modello di società. Solo all'interno di questo nuovo modello di società sarà possibile trovare soluzioni che saranno declinazioni del nuovo modello sociale.
Facciamo esempi. Proprio solo alcuni. Ma ve ne sono moltissimi altri possibili che il desiderio di non chiedere troppo al lettore mi ha fatto trascurare.
L’inquinamento.

La perdita della capacità di produrre occupazione dell’attuale economia.
E’ anch'essa una manifestazione che un sistema industriale come quello che abbiamo creato non è più in grado di assolvere il compito per il quale è nato: produrre beni materiali facendo lavorare le persone in modo che possano acquistare questi beni materiali.
Il cambiamento demografico.
Esso è un sottoprodotto della società industriale che ha diffuso benessere. Sia in termini di allungamento della vita sia in termini di egoismo “generativo”. Ma è un sottoprodotto che mina alla base la civiltà industriale che, per definizione, non prevede spazi attivi per bambini, anziani, malati etc. Ma li relega in ghetti che vanno dal pensionamento all'emarginazione Detto diversamente, la società industriale prima allunga le stagioni dell’uomo. E poi le ghettizza.
L’infelicità
Essa è causata da un’altra contraddizione della società industriale. Essa è nata per soddisfare i bisogni materiali di moltitudini. Ma con un patto: che le moltitudini diventassero strumenti di produzione. Tutelati, anzi osannati e satolli, ma strumenti di produzione. Ora quando la società ha raggiunto il suo scopo si è scoperto che a uomini satolli scatta una voglia di auto realizzazione che è sempre più incompatibile con l’essere strumenti di produzione. Questa incompatibilità non viene urlata rivoluzionariamente, ma viene intimizzata in infelicità.
In questa situazione vi sono anche fonti di speranza. Tanti desideri di felicità e giustizia. Tanti tentativi di costruire una nuova società, una nuova cultura che sta nascendo come figlia e contestatrice della cultura di fondo della società industriale.
La sintesi è che ci troviamo su di uno stretto crinale tra speranze di sviluppo alto e forte e la crescita del disagio profondo che può portare a processi degenerativi rivoluzionari.
E’ questa la situazione nella quale intervenire.