
Ma così non sarà. Accadrà un futuro molto diverso dal passato. Ed ogni sforzo di conservazione non farà altro che frenare, comprimere tutta l’energia del futuro che, poi, sarà costretta ad esplodere in modo violento.
Ma come accadrà questo futuro?
Non sarà un futuro imprevedibile, che nasce dal volere misterioso di qualche dio antico (il Fato) o da qualche dio ammantato di matematica, che fa sempre un po’ di mistero (il Caos).
Non sarà un futuro necessitato da qualche legge della storia o dell’economia.
Non sarà neanche un futuro pianificato da qualche intelligenza umana superiore (politici o economisti).
Accadrà il futuro che costruiremo, il futuro che ci costruiremo insieme con le nostre mani tra i mille futuri possibili. E se le nostre mani cercheranno, innanzitutto, di conservare, allora saremo responsabili diretti ed unici (diamine, ma siamo noi ad abitare questa terra! Come possiamo immaginare che quello che accada sia colpa di altri?) della rivoluzione prossima ventura.
Allora la domanda diventa: ma quale è il processo che fa nascere il futuro dalle nostre mani e dai nostri pensieri?
Ecco, si tratta di un processo di emersione e non di un processo casuale, pianificato o necessitato. E’ l’azione autonoma di tanti nodi protagonisti della rete umana che vanno, piano a piano, a costruire (far emergere) “regolarità” (imprese, gruppi sociali, istituzioni, culture, città, opere d’arte) che diventano, complessivamente, la prossima società.
Tutte le società, le civiltà sono state generate da processi di emersione. Solo per citare un caso, eclatante fra tutti, il Rinascimento è stato un processo di emersione. Né pianificato, né causale, né inevitabile. Anche la nostra società industriale è frutto di un processo di emersione che è stato scatenato proprio dall’emergere del Rinascimento.
La metafora dei processi di emersione permette di capire la sindrome della conservazione che ha colpito la nostra classe dirigente. I nodi della rete umana che sono stati protagonisti (le classi dirigenti) e che hanno creato le regolarità (anche regolarità eccelse come le opere d’arte) si innamorano di queste regolarità e tutte le loro energie vanno nel conservarle, nel contemplarle.
Il processo di degenerazione della vitalità di una rete a nodi protagonisti, di chiusura autoreferenziale spiega la gran parte dei guai che stiamo vivendo.
Spiega perché non funziona la modalità con la quale sta cercando di vivere la democrazia. Si tratta di far scontrare ideologie, di scegliere tra modelli di società che, tra l’altro, sono solo
Spiega perché le imprese riescono a vedere solo competizione. E non i grandi spazi di innovazione che hanno di fronte. Spiega perché i nuovi imprenditori si baloccano solo con innovazione tecnologiche interstiziali e non elaborano grandi disegni innovativi.
Spiega perché abbiamo della cultura solo una visione museale e specialistica.
Spiega perché la ricerca tende a costare di più ed a produrre sempre meno.
La metafora della chiusura autoreferenziale permette di capire anche cosa succede se si persegue pervicacemente la conservazione.
Se si cerca di conservare si comprimono i nodi che sono stati eccitati proprio nel contesto costituito da queste regolarità e che vorrebbero costruire altre e nuove regolarità. Ed allora accadono le rivoluzioni generate, con uno storico concorso di colpa, dai vecchi nodi protagonisti che frenano e dai nuovi nodi protagonisti che sono costretti a strappare spazi di autorealizzazione. Le rivoluzioni sembrano l’unico modo per rompere la conservazione e per ridare vita a un nuovo processo di emersione di quella nuova società che è così necessaria.
Allora un’ulteriore domanda “emerge” forte e vibrante: come possiamo fare ad attivare il processo di emersione necessario a costruire una nuova società senza passare dalla rivoluzione? Detto diversamente: come si stimola e si guida un processo emergente?
Non lo si guida con il cercare di affermare una qualunque ideologia. E neanche dando la caccia a qualche cattivo cattivissimo. Ma si può provare a stimolarlo e guidarlo attraverso un processo che abbiamo denominato “Sorgente Aperta”. Esso è strutturato più o meno così.
Il primo passo è quello di gettare nella nostra società attuale nuove culture “profonde”. La società industriale, sia nella sua versione liberista che marxista condivide una comune visione del mondo (del rapporto tra l’uomo e la realtà che lo circonda). Ed è la visione del mondo “emersa” nel Rinascimento e giunta a maturità, concettualmente, con quella grande opera d’arte che è la fisica classica e, operativamente, con quell’altra opera d’arte che è costituita, appunto dalla società industriale. Due gemelli del dire (la fisica classica) e del fare (la società industriale) che hanno creato il mondo in cui viviamo.
Da circa un secolo sta emergendo la consapevolezza che questi due capolavori devono essere collocati nel museo della storia. Ed occorre accingerci a creare nuovi capolavori. Infatti, sta nascendo una nuova visione del mondo che solo marginalmente si sta trasformando in nuove esperienze. La nuova visione del mondo si scatena proprio nel mondo delle scienze dure (la matematica e la fisica) che si scoprono molto diverse da quella che Galileo aveva immaginato. Meglio: scoprono da sole, al loro interno, che la visione che ne aveva il Nostro era primitiva. E stanno ispirando un modo completamente diverso di guardare alle scienze, alla tecnologia ed al conoscere in genere. Cioè stanno ispirando una nuova visione del rapporto tra l’uomo e il mondo che lo circonda. Questa nuova visione del mondo scopre strane, impreviste, anzi sempre negate, assonanze con altre culture, incompatibili con la visione del mondo di Galileo.
Questa nuova visione del mondo serve da catalizzatore per attivare un processo che è, per sommi capi, il seguente.
Il buttare una nuova cultura nella società attuale ha la funzione di generare un “defreezing cognitivo”, cioè una relativizzazione di convinzioni che si sono sempre considerate verità assolute. Ad esso deve seguire un momento di progettualità e di sperimentazione diffusa (di ogni nodo della società che intende essere protagonista). E, poi, un momento di sintesi sociale.
Insomma, attivare e gestire lo svilupparsi di processi di emersione di una nuova società significa attivare processo di progettualità sociale diffusa.
E’ il momento di parlare di noi. Noi che ci stiamo a fare? Il nostro ruolo è quello di raccontare e di rendere disponibile Sorgente Aperta. In questo modo, come recita il titolo, riusciremo a stimolare e supportare l’emergere del futuro.
Il nostro Piano di lavoro.
Per raccontare e rendere disponibile Sorgente Aperta, abbiamo intenzione di sviluppare sei progetti. E di avviare un dibattito continuo intorno a questi progetti.
Il primo è l’Expo della Conoscenza.
L’Expo della Conoscenza è lo strumento con il quale è possibile buttare nella società e in tutte le sue articolazioni nuove visioni del mondo. Abbiamo già fatto un piccolo primo passo verso la realizzazione di un Expo’ della conoscenza proponendo una giornata (l’abbiamo definita: evento di Fondazione) dove abbiamo cercato di condensare i contenuti, il sapore i possibili effetti che potrebbe avere l’Expo della Conoscenza. E’ nostra intenzione riproporre la stessa giornata in altri luoghi. Ampliare questa giornata in una settimana. Per, poi, proporre la realizzazione vera e propria dell’Expo della Conoscenza.
Il secondo riguarda le dinamiche di evoluzione dei distretti.
Anche i distretti sono nati attraverso processi di emersione spontanea. E’ importante capire quale livello di chiusura autoreferenziale hanno raggiunto e come è possibile rimettere in moto, attraverso declinazioni specifiche di Sorgente Aperta, nuovi processi di emersione feconda che portino ad un ridisegno profondo dei distretti. E’ importante progettare come i tradizionali servizi di sviluppo strategico, che vengono definiti e specificati in molti modi (M&A, ristrutturazioni strategiche, organizzative, finanziarie, chiusura intelligente, passaggio generazionale), possano e debbano fornire i supporti necessari ad una nuova stagione di sviluppo dei nostri distretti.
Il terzo riguarda la strategia e la definizione dei business plan.
Le attuali metodologie di metodologie di progettazione, valutazione e rating strategici sono nati per far funzionare meglio le imprese. Ma non per comprenderne e guidarne un nuovo sviluppo. La metafora della chiusura autoreferenziale permette di definire un nuovo “rating di sviluppo”. Il processo di Sorgente Aperta è il processo che deve guidare la definizione di un business plan.
Il quarto riguarda i grandi progetti di cambiamento organizzativo.
Con “grandi processi di cambiamento organizzativo” intendiamo: processi di cambiamento conseguenti a processi di ristrutturazione, processi finalizzati alla generazione di sicurezza, processi di implementazione dei sistemi informativi, processi formativi.
Oggi questi processi non sono né efficienti né efficaci. Sorgente Aperta propone una nuova filosofia ed una nuova prassi di cambiamento.
Il quinto riguarda il senso del fare impresa.
La gestione delle dimensioni non economiche del fare impresa vengono ancora “relegate” all'esterno del processo strategico in una prospettiva che viene definita: Corporate Social Responsibility. Oggi queste dimensioni devono, invece, rientrare a pieno titolo nella progettazione e gestione strategica, soprattutto delle imprese più complesse. Sorgente Aperta supporta queste imprese, soprattutto le imprese più complesse, più intrecciate con la società, nella scoperta e della gestione delle dimensioni non economiche del fare impresa.
Il sesto riguarda una nuova prassi politica.
L’attuale prassi politica, l’attuale modalità di applicare la democrazia è fondata sulla competizione tra parti diverse per raccogliere consenso intorno ai loro programmi che vengono considerati alternativi.
Noi crediamo occorra cambiare radicalmente questa visione della politica. In estrema sintesi e procedendo per punti …
Oggi il fare politica ha come momento centrale la competizione elettorale. Essa costringe le diverse parti politiche a contendersi i voti. Per far questo sono costrette a considerare alternativi i propri programmi. Come accade per scarpe, biscotti e quant'altro se ne compri di un tipo non ne compi di un altro. Allora se io produco un certo tipo di biscotti sono costretto a dure che sono i migliori.
L’essere costretti a considerare alternativi i propri programmi politici accelera il processo di chiusura auto referenziale delle diverse parti politiche. E di personalizzazione dello scontro politico.
E’ necessario cambiare questa prassi politica, questa modalità di applicazione della democrazia e considerare il momento elettorale come un momento non di scelta, ma di progettazione sociale.
Questo cambiamento trascina con sé un cambiamento complessivo del fare politica, della visione delle istituzioni, del ruolo delle costituzioni e di quant'altro.
Per sperimentare, per rendere visibile questo modo di fare politica, stiamo progettando una partecipazione “virtuale” ad una prossima campagna elettorale. Così da poter affrontare liberamente i contenuti, i programmi, le idee senza la distorsione di dover creare differenze e contrapposizioni a causa della competizione sul consenso.
Il dibattito continuo.
Per sostenere la realizzazione di questi progetti, avvieremo dibattiti continui sui principali temi legati ai progetti stessi.
Ci occuperemo della crisi attuale cercando di dimostrare come essa sia il frutto di un'ossessiva chiusura autoreferenziale complessiva sul passato. Ci occuperemo della cultura e della ricerca. Dello sviluppo dei territori e del rapporto con le banche e le istituzioni finanziarie. Di tutti i processi di direzione. Di tutti gli eventi della nostra vita economica, sociale, politica e culturale cercando di rileggerli alla luce delle prospettive aperte dalla scoperta dei processi di emersione e delle modalità per gestirli.