sabato 29 aprile 2017

Terza via e … fine delle Ideologie

di
Francesco Grillo

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Ci è stato segnalato da Simone De Battisti questo pezzo di Francesco Grillo pubblicato su Inpiu
che ci è sembrato “risuonare in fase” con le nostre riflessioni, abbiamo chiesto all’autore il permesso di riprodurlo.

Anche se molti dei difensori dello status quo – a destra come a sinistra – continueranno a girarci attorno, i veri sconfitti delle elezioni francesi – e prima di quelle in Olanda, Austria, Stati Uniti e credo che il Regno Unito confermerà il presto il trend – sono i partiti politici tradizionali che hanno governato l’Europa e l’Occidente per più di mezzo secolo. Il loro declino si porta, però, dietro una scomparsa ancora più drammatica: stanno, infatti, morendo le ideologie, categorie cognitive che abbiamo utilizzato per due secoli per leggere la realtà e suggerire ricette che sono, oggi, completamente scadute. In fondo, che le ideologie debbano, prima o poi, morire, come qualsiasi costruzione umana, è un fatto del tutto naturale. Quelle del socialismo e liberismo (con le loro numerose varianti alle quali molti intellettuali sono aggrappati non sapendo con cosa sostituirle) furono sviluppate da giganti come Marx e Ricardo, Gramsci e Keynes proprio per capire una rivoluzione industriale (e le sue successive evoluzioni) che stava cambiando tutti i rapporti e facendo emergere classi nuove e nuovi conflitti.

Se è vero, però, che oggi ci sta arrivando addosso una rivoluzione tecnologica – quella che sta per fondere informatica, biologia e fisica - di portata simile (io credo molto superiore) a quella che ha prodotto le fabbriche, gli operai e la borghesia industriale, sarebbero per primi quei giganti ad avvertirci che quelle categorie non funzionano più. E che dobbiamo sviluppare strumenti cognitivi diversi. Ciò ha conseguenze immediate sui partiti; sui confini tra settori produttivi e sul funzionamento dei sistemi economici; sulla forma delle istituzioni e della democrazia; sugli stessi processi attraverso i quali produciamo conoscenza. La questione non è, neanche, quella di trovare una “terza via” che per definizione è un compromesso o una negazione di due altre strade. Ma di avere il coraggio di affrontare acque non ancora mappate cercando, contemporaneamente, nuovi strumenti di navigazione.

venerdì 28 aprile 2017

Decisionisti impotenti, generatori di conflitti non ricomponibili

di
Francesco Zanotti

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Non è un problema di qualità personali. Tutti coloro che vogliono costruire da soli il futuro vengono spernacchiati. Ma non è un problema di qualità personali. E’ un’inevitabilità sistemica. Chi di decisionismo ferisce di ridicolo perisce. A tutti i livelli del vivere collettivo.

Il caso più eclatante è Trump. Ha le idee chiarissime (non discutiamo se giuste o sbagliate), è un uomo di grande volontà ed energia. Ma nei primi cento giorni ha incassato più sconfitte che … ecco quasi solo sconfitte.
Ma anche Renzi non ha scherzato in fatto di decisionismi impotenti. E ultimamente, vedi il caso Alitalia, ci sono cascati anche i sindacati nella tentazione di scegliere per gli altri.

Scrivevo che la ragione non sta nelle incapacità personali, ma in una inevitabilità sistemica. Cerco di spiegarla brevemente.
Il decisore seriale pensa che la sua visione delle cose sia quella corretta e cerca di usare il potere legittimamente conseguito, per realizzarla.
Ora ogni persona “ragiona” (immagina, progetta, sceglie) usando le risorse cognitive di cui dispone. Purtroppo i decisori seriali, proprio perché sono tali, non hanno il tempo per arricchire il patrimonio di risorse cognitive di cui dispongono e la società diventa sempre più complessa. Il combinato disposto di queste due tendenze è che le scelte che operano, invece che universali, sono molto parziali. Allora non possono che scatenare la reazione di tutti coloro che non le condividono. E non importa se il giorno prima di hanno votato alla Presidenza degli Stati Uniti.

Le stesse dinamiche si sviluppano all’interno dei partiti. Domenica sapremo chi sarà il Segretario designato del PD. Ma questa designazione comporta una scelta tra persone che, per farsi scegliere devono contrapporsi. Già di per sé sono persone che hanno sistemi di risorse cognitive “semplici” con i quali solo visioni parziali possono sviluppare, ma il confronto elettorale li costringe a semplificarle ulteriormente: si vincono le elezioni con slogan.
Allora, per definizione, chi vince rappresenterà solo formalmente tutti perché per vincere è stato costretto a escludere legittimità alle idee degli altri. Il risultato sarà un aumento della conflittualità interna. E nuove scissioni. Come è accaduto allo sconfitto Bersani che alla fine si è preso la sua rivincita uscendo dal PD.



lunedì 24 aprile 2017

Don Milani e Papa Francesco

di
Francesco Zanotti

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Mi considero un esperto di Don Milani e cito la ragione per cui penso di esserlo: mi sono letto tutti suoi scritti. Dopo aver parlato con tristezza di Obama, Renzi e Macron, voglio spende due parole con devozione su Don Milani …

Il Mio riferimento è l’articolo pubblicato da Repubblica su Don Milani a firma “Francesco”. Sì, il papa.
E mi limito a riportare la chiusa del Suo articolo che è costituito proprio da una citazione di Don Milani che rivela dove sia la sua grandezza.
Si tratta di una lettera di risposta ad un comunista, il Pipetta, che gli diceva “se tutti i preti fossero come Lei, allora … “ E Don Milani rispondeva (lettera a Pipetta, 1950) “Il giorno in cui avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, installato la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordati Pipetta che quel giorno ti tradirò, quel giorno finalmente potrò cantare l’unico grido di vittoria degno di un Sacerdote di Cristo, beati i poveri perché il regno dei cieli è loro. Quel giorno io non resterò con te, io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocefisso.”.
Caro amico/a che leggi, non importa a quale Dio tu creda. Non importa neanche se non hai o meno una fede. Importate è che la tua, la nostra vita non cada in un effimero che davvero subito dopo finisce. E nell’ignavia di una presunzione destituita di ogni fondamento.

Obama, Renzi e ora Macron … il volontarismo sterile al potere

di
Francesco Zanotti

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A costo di sembrare una Cassandra, ricordo ai nostri lettori che mi sono permesso di giudicare Obama e Renzi volenterosi velleitari quando sono stati eletti, non ora che sono caduti. Ora mi sembra proprio che Macron completi il trio.

Non c’è molto da dettagliare. Si tratta di personaggi rispettabilissimi, dai propositi ineccepibili, ma velleitari. Cercano di supplire con l’impegno e la buona volontà ad una mancanza di visione e progetti. Dobbiamo, allora, tornare ai vecchi tromboni (quelli della mia generazione) del passato? Certo che no: Dio ce ne scampi e liberi!
Dobbiamo, però, fornire loro le conoscenze che possano trasformare il velleitarismo in una nuova filosofia di governo. Che in estrema sintesi è: le classi dirigenti non devono vincere elezioni o competizioni economiche. Devono, invece, avviare e portare a sintesi nuovi percorsi progettuali, sia nelle imprese che nella cosa pubblica.
Nuovi leader, cendete dai palchi, affrancatevi dagli slogan e immergetevi nella gente e nella conoscenza.

Cari “ragazzi” della mia generazione, facciamo scuola. Un esempio potrebbe essere Don Milani di cui si parla in questi giorni. Egli diceva: io non dico ai poveri cosa fare. Io fornisco loro conoscenza (la lingua diceva lui). Poi sapranno loro cosa fare. Cari “ragazzi” della mia generazione forniamo conoscenza a questi nuovi poveri che oggi sanno davvero solo saltabeccare per palcoscenici reali o virtuali. Cercando di vincere elezioni, non sapendo bene che farsene della vittoria.

domenica 23 aprile 2017

Occhiali rigati …

di
Francesco Zanotti

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Proviamo a trovare un legame tra un articolo di fondo del Sole 24Ore ed un testo di Don Milani articolo sulla Domenica del Sole24Ore. Il legame? Gli occhiali rigati, appunto.

Il testo di Don Milani è una semplice considerazione non considerata. Uno capisce e si sa esprimere tanto più quanti più linguaggi conosce. Generalizziamo: le classi dirigenti sono tanto più capaci di analisi e progetto quanto più dispongono di risorse cognitive vaste e profonde.
Ora il problema è che le classi dirigenti non hanno nessuna voglia di migliorare il patrimonio di conoscenze di cui dispongono. Il risultato che è i giornali finiscono per essere pieni sempre delle stesse analisi e stesse proposte. Di incerto spessore e significato.
E arriviamo all’articolo del Sole.
La tesi sostenuta è che siamo di fronte a tanti dilemmi che non si vuole riconoscere. E questo è un guaio. Uno dei dilemmi è se aumentare l’IVA o no. Suona così: se si aumenta l’IVA si frenano i consumi. Ma aumenta l’inflazione e, quindi, si riduce il debito pubblico. Cioè: o si favoriscono i consumi o si riduce il debito pubblico. Dramma! Ma solo retorico. Infatti, aumentando l’IVA non si aumenta l’inflazione. La si aumenterebbe se diminuisse il valore della moneta. Ma aumentare l’IVA non comporta la diminuzione del potere d’acquisto della moneta. Servono più Euro perché non si paga solo il prodotto, il cui valore espresso in Euro non cambia, ma si sopportano più tasse. Conclusione: aumentando l’IVA non si diminuisce il debito pubblico.
Ma che c’entra con l’articolo di Don Milani? Che la tesi espressa nell’articolo è frutto di specifici occhiali che costringono a vedere la realtà in un certo modo: una economia fatta di leggi non verificate, ma lo stesso considerate vere.
Il vero pericolo che stiamo correndo è complicarci la vita e in qualche modo congelarci il futuro con teorie strampalate.
Che fare? Insegnare nuovi linguaggi alle classi dirigenti. In particolare i linguaggi quantistico ed autopoietico di cui abbiamo a lungo parlato in questo blog.

sabato 22 aprile 2017

L’economia: guardare da fuori o agire da dentro?

di
Francesco Zanotti



Il Sole24Ore di oggi: una prima pagina di contraddizioni. Ma chi prepara il giornale se ne accorge? Sembra di no: non vi è alcun tentativo di spiegare perché in una stessa pagina si dica tutto, il contrario di tutto. E anche qualcosa di mezzo. La mia idea: dobbiamo smetterla di guardare da fuori e dobbiamo iniziare ad agire da dentro. Almeno eviteremo il rischio dei PIR.

Titolone: in Europa l’industriale torna a correre. Sottotitolo specificante l’ottimismo: a febbraio in Italia gli ordini in risalita.
Bene, no?
Beh non proprio perché più sotto la notizia che “Fitch declassa l’Italia a BBB”. A corollario la notizia che la manovrina di primavera tarda e decollare perché non si trova l’accordo politico.
Per fortuna c’è l’articolo di “mediazione”: Il sughero Italia sul mondo in ripresa. Cioè: l’Italia è sballottata su e giù galleggia dalle onde dell’economia mondiale.
Che pensare?
Il suggerimento ci viene dalla seconda parte del sottotitolo del titolone: la spinta alla crescita viene dalla domanda estera. Decodificando strategicamente: le imprese quella domanda estera se la sono conquistata. Non sono state sugheri, ma hanno deciso che generano loro le onde. In barba ad agenzie di rating e manovrine incerte.
Questo significa che lo sviluppo nasce da dentro l’economia: da una progettualità strategica alta e forte delle imprese. Se lo sviluppo non è altro e forte è perché sono poche le imprese dalla progettualità strategica alta e forte.
Se guardiamo le cose da fuori dell’economia vediamo solo i mezzi polli di Trilussa. Vediamo la “somma” di progettualità alte e forti e mancanza di progettualità. Siamo, quindi, continuamente sballottati tra ottimismo e pessimismo a seconda di come si muove il mix di progettualità strategica. Il sughero appunto. Invertiamo i rapporti si causa ed effetto perché pensiamo che le imprese vanno bene o male a seconda di come va l’economia, non rendendoci conto che l’andare bene o male dell’economia è solo la somma dell’andare bene o male delle imprese.
Non sviluppiamo politiche efficaci, ma agiamo su variabili irrilevanti, come le riforme. Non rendendoci conto che una impresa che fa scarpe sfigate non le venderà anche se vivesse in uno Stato perfetto.
Sintesi, la contraddittorietà del Sole è dovuto a diversi sguardi: da fuori o da dentro. Noi pensiamo che oggi sia giunto il momento di guardare intensamente da “dentro”. Guardare alla qualità della progettualità strategica e far di tutto per migliorarla. E, se pura la cosa vi interessa, vedrete che anche le agenzie di rating cambieranno valutazione.


mercoledì 19 aprile 2017

Co-creazione nelle utilities e nella politica

di
Francesco Zanotti

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Oggi sul Corriere della Sera Massimiliano Del Barba racconta le imprese fanno progettare i prodotti ai clienti. Co-creazione, la chiamano. E’ un caso particolare di un processo più generale di costruzione sociale del futuro …

“Sono sempre più le community di consumatori a decidere dove indirizzare ricerca e sviluppo” è il sottotitolo dell’articolo di Massimiliano del Barba. E il suo articolo racconta di numerose imprese di bene di utilizzo individuale che seguono questa strada usando social network ed Eventi.
Si tratta di un metodo generalizzabile? Io dico che si tratta di un metodo che deve essere generalizzato. Deve essere generalizzato, almeno, nel settore delle infrastrutture e nella politica.

Iniziamo dalle infrastrutture. Intendo riferirmi alle infrastrutture di trasporto di merci, persone ed energia, ma anche alle infrastrutture finanziarie come il sistema bancario e i social network. A questo proposito è proprio di ieri la dichiarazione di Zuckerberg che Facebook è una utilities.
Deve essere utilizzato il metodo della Co-creazione per superare i problemi (conflitti, danni etc.) che le infrastrutture stanno incontrando nel loro sviluppo. Ma anche per definire le proprie direzioni di sviluppo. E i due obiettivi sono sinergici: i conflitti nascono perché le direzioni di sviluppo sono “astratte” (ispirate dalla tecnologia) e non dalle esigenze di sviluppo delle comunità nazionali o locali.

E ora la politica: deve essere usato un metodo di progettazione partecipativa (a questo livello preferisco questa espressione) perché è l’unico che permette lo sviluppo di un Progetto Paese alto e forte che è il contesto necessario per definire ogni progetto infrastrutturale.

Ma il metodo può funzionare davvero al di là dei beni di utilizzo individuale? Certamente … se usato compiutamente.
Infatti, qual è la condizione che permette al metodo di funzionare nelle imprese che producono beni di utilizzo individuale? Che i clienti o i cittadini abbiano un sistema di conoscenze comune e sufficiente che permetta loro di fare riflessioni rilevanti e di dialogare costruttivamente con le imprese. Cosicché la partecipazione progettuale diventa un momento di autorealizzazione.
Allora nei mondi più complessi dei beni comuni e della Politica (del Bene Comune) la progettazione partecipativa funziona se si diffondono le conoscenze necessarie ad assumere un ruolo progettuale costruttivo. Sembra strano? Non lo è. Come si fa a dialogare se non si parla lo stesso linguaggio? Come si fa a progettare se non di dispongono delle conoscenze adatte?

Allora le società delle infrastrutture e i politici devono svolgere, innanzitutto, una funzione educativa? Si certo, altrimenti perdono la loro funzione di servizio. Un servizio che oggi casca giù dall’altro verso la società. E la società o lo usa male (auto danneggiamento) o lo rifiuta. 

martedì 18 aprile 2017

Erdogan: uno dei semplificatori ideologici

di
Francesco Zanotti

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Rischiamo di ridurci a chiederci (come fa Franco Venturini sul Corriere di oggi) se Erdogan vorrà rimanere nell’Occidente o no. Innanzitutto, io spero che sia l’Occidente a non rimanere dentro sé stesso. E, poi, l’Occidente non c’entra nulla.

Credo che l’Occidente non c’entri proprio per nulla. Erdogan è come tutti coloro che sommano ad un ego smisurato la convinzione di esser gli unici ad avere chiaro cosa è (“è”, un bell’indicativo, non il più corretto “sia” che qualche dubbio lo instilla) il bene ed il male. E, quindi perseguono il “bene” e combattono il male con tutte i mezzi a loro disposizione.
Poi in Turchia i “mezzi” per imporsi sono più ampi che in un paese occidentale, ma i vari Salvini, Renzi, Le Pen etc. hanno lo stesso ego smisurato e pensano di essere i salvatori del mondo, anche malgrado il mondo.
Elisabetta Rosaspina oggi sul Corriere sostiene qualcosa di simile.
A proposito del mondo, davvero è ora di piantarla di vedere l’attuale società industriale (l’Occidente) come futuro del mondo. Perché ne è il passato. Un passato glorioso e fecondo (anche se avrebbe potuto essere migliore), ma oggi ha, esistenzialmente, economicamente, socialmente, politicamente, istituzionalmente e culturalmente, “stufato”.

domenica 16 aprile 2017

Cristiani ebrei e musulmani: una risurrezione cognitiva

di
Francesco Zanotti



Non è complicato scoprire i legami e l'influenza reciproca tra ebraismo, cristianesimo e islam. E’ solo pigrizia cognitiva (chiamatela ignoranza) che può far leggere i rapporti tra queste civiltà in termini di guerra. Se così fosse e così davvero volessimo praticare, non sarebbe una guerra contro qualcuno, ma contro noi stessi. Una guerra contro le radici della propria civiltà. Solo una  risurrezione cognitiva che richiede dieci minuti di fatica ci può salvare.

Lo Spunto me l’ha dato l’arcivescovo di Chieti e Vasto: S.E. Mons Bruno Forte. Oggi sul Sole24Ore ricorda a noi tutti i debiti che il Cristianesimo ha nei confronti dell’Ebraismo. Preziosa sintesi a cui vorrei aggiungere qualche notizia sui rapporti con l’Islam.
Innanzitutto ricordo che Ebrei, Cristiani e Musulmani hanno un Padre Comune: Abramo. Scatenare una guerra di civiltà è come bestemmiare il nostro padre comune.
Ma veniamo all’Islam. Innanzitutto il Corano tiene in gran conto la figura di Gesù. Solo alcune citazioni. Gesù viene considerato come un Profeta, un profeta al quale il Corano si rivolge con la formula “Parola di Dio”. Egli tornerà sulla Terra alla fine dei tempi dopo il Mahdi che è declinazione araba dell’escatologia messianica cristiana ed araba. Di più, il Corano venera la figura di Maria e ne esalta la verginità. Propongo una citazione del Corano ripresa della voce “Gesù nell'Islam” di Wikipedia dove si parla di Maria

« E quando gli angeli dissero a Maria: - O Maria! In verità Allah t'ha prescelta e t'ha purificata e t'ha eletta su tutte le donne del creato... O Maria, Iddio t'annunzia la buona novella di una Parola che viene da Lui, e il cui nome sarà il Cristo, Gesù, figlio di Maria, eminente in questo mondo e nell'altro e uno dei più vicini a Dio.

- O mio Signore! - rispose Maria - Come avrò mai un figlio se non m'ha toccata alcun uomo?
Rispose l'angelo: - Eppure Allah crea ciò ch'Egli vuole: allorché ha deciso una cosa non ha che da dire: "Sii!" ed essa è. »
(Cor., III:42, 45, 47)

Ma non consideriamo solo la dimensione religiosa: all’Islam deve molto il Rinascimento. Anche in questo caso solo una citazione, il lettore poi potrà trovare tanti volumi sull’argomento. E’ l’anno 1085. Alfonso VI re di Castiglia e di Leon conquista Toledo e vi trova i manoscritti che contengono la tradizione filosofico scientifica dei greci senza il cui riferimento non sarebbe mai emerso il Rinascimento.

Il fatto straordinario che quelle che ho proposto non sono influenze difficili da scoprire: dieci minuti su internet.
Allora oggi stiamo costruendo uno scontro di civiltà che ha senso solo per coloro che non vogliono neanche spendere dieci minuti su Interne. Conclusione: ragazzi ci vogliono spingere in una guerra che ha senso solo nel buoi dell’ignoranza. Dobbiamo rifiutarci ed avviare una risurrezione cognitiva che è anche semplicissima da farsi. Dell’ordine di dieci minuti su internet.

Detto per inciso, il lettore avrà notato che non ho usato la parola “rivoluzione”, ma “resurrezione”. Questo cambiamento è un piccolo passo nella mia risurrezione cognitiva personale, nel giorno della Pasqua di Resurrezione.