mercoledì 19 aprile 2017

Co-creazione nelle utilities e nella politica

di
Francesco Zanotti

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Oggi sul Corriere della Sera Massimiliano Del Barba racconta le imprese fanno progettare i prodotti ai clienti. Co-creazione, la chiamano. E’ un caso particolare di un processo più generale di costruzione sociale del futuro …

“Sono sempre più le community di consumatori a decidere dove indirizzare ricerca e sviluppo” è il sottotitolo dell’articolo di Massimiliano del Barba. E il suo articolo racconta di numerose imprese di bene di utilizzo individuale che seguono questa strada usando social network ed Eventi.
Si tratta di un metodo generalizzabile? Io dico che si tratta di un metodo che deve essere generalizzato. Deve essere generalizzato, almeno, nel settore delle infrastrutture e nella politica.

Iniziamo dalle infrastrutture. Intendo riferirmi alle infrastrutture di trasporto di merci, persone ed energia, ma anche alle infrastrutture finanziarie come il sistema bancario e i social network. A questo proposito è proprio di ieri la dichiarazione di Zuckerberg che Facebook è una utilities.
Deve essere utilizzato il metodo della Co-creazione per superare i problemi (conflitti, danni etc.) che le infrastrutture stanno incontrando nel loro sviluppo. Ma anche per definire le proprie direzioni di sviluppo. E i due obiettivi sono sinergici: i conflitti nascono perché le direzioni di sviluppo sono “astratte” (ispirate dalla tecnologia) e non dalle esigenze di sviluppo delle comunità nazionali o locali.

E ora la politica: deve essere usato un metodo di progettazione partecipativa (a questo livello preferisco questa espressione) perché è l’unico che permette lo sviluppo di un Progetto Paese alto e forte che è il contesto necessario per definire ogni progetto infrastrutturale.

Ma il metodo può funzionare davvero al di là dei beni di utilizzo individuale? Certamente … se usato compiutamente.
Infatti, qual è la condizione che permette al metodo di funzionare nelle imprese che producono beni di utilizzo individuale? Che i clienti o i cittadini abbiano un sistema di conoscenze comune e sufficiente che permetta loro di fare riflessioni rilevanti e di dialogare costruttivamente con le imprese. Cosicché la partecipazione progettuale diventa un momento di autorealizzazione.
Allora nei mondi più complessi dei beni comuni e della Politica (del Bene Comune) la progettazione partecipativa funziona se si diffondono le conoscenze necessarie ad assumere un ruolo progettuale costruttivo. Sembra strano? Non lo è. Come si fa a dialogare se non si parla lo stesso linguaggio? Come si fa a progettare se non di dispongono delle conoscenze adatte?

Allora le società delle infrastrutture e i politici devono svolgere, innanzitutto, una funzione educativa? Si certo, altrimenti perdono la loro funzione di servizio. Un servizio che oggi casca giù dall’altro verso la società. E la società o lo usa male (auto danneggiamento) o lo rifiuta. 

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