di
Francesco Zanotti
Il gioventù è stato certamente un cattivo maestro.
Altrettanto certamente il suo pensiero e il suo agire di allora hanno
contribuito alla catastrofe del terrorismo. Ma poi ha scritto, insieme a Michel
Hard tre libri bellissimi.
Antonio
(Toni) Negri è noto come uno dei “cattivi maestri” che hanno dato forza teorica
alla narrazione del terrorismo. Solo per questa sua colpa (non ha mai né sparato,
né rapinato) è stato condannato a dodici anni di reclusione. Tra immunità
parlamentare, fughe all’estero, carcere e semilibertà, la sua vicenda
giudiziaria è finita nel 2003. Il processo (il famoso processo 7 aprile) e la
condanna sono state oggetto di furiosi dibattiti. Negri dice che fu condannato
per reati di opinione. Anche l’allora Ministro degli interni Francesco Cossiga
(il cui cognome veniva allora scritto con la “K”: Kossiga) che pur aveva
formulato le leggi attraverso le quali è stato condannato sostenne che “l'arresto
di Negri «fu un'ingiustizia (...), ha pagato un prezzo sproporzionato alle sue
responsabilità» e «fu una vittima del giacobinismo giustizialista»” (fonte Wikipedia).
Io non
voglio prendere posizioni sulle vicende giudiziarie dell’uomo Negri. Anche se
mi sembra stupido che una società tolga solo ora, dopo decenni, il vitalizio
parlamentare ad un uomo di 79 anni. Giacobinismo giustizialista davvero.
Voglio
invece parlare dei suoi ultimi tre libri: Impero, Moltitudine e Comune.
Sono
tre libri splendidi che descrivono (uso parole mie) con profondità culturale e
con sensibilità emozionante la crisi della società industriale (che egli vede
come crisi del liberalismo); in Impero, l’emergere di moltitudini e il processo
di scoperta della prospettiva del bene comune (eliminando la contrapposizione
tra pubblico e privato) per rivoluzionare il mondo ripartendo dalla povertà,
dall’amore e dall’uomo.
Se le
classi dirigenti leggessero questi libri troverebbero uno dei bandoli per
sbrogliare la matassa del futuro …
Ma, ovviamente
non li leggerà nessuno, tutti impegnati a cercare di vincere un referendum
banale.
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