di
Francesco Zanotti
Sono tre temi trattati dai giornali che solo apparentemente
non c’entrano nulla, ma hanno una comune radice. Sono l’aumento della povertà,
il disastro sul clima e i Piani Strategici delle grandi imprese italiane. Ma che
hanno in comune? L’ignavia progettuale.
Ferruccio De Bortoli sul Corriere presenta i toni
drammatici che sta assumendo il crescere di una povertà che sta sempre più
colpendo una classe media spaventata, se non disperata. Ma la legge sulla
povertà (pur insufficiente, ma molto meglio di niente) non verrà approvata e
messa in atto prima del 2018. E prima che si arrangino col solo aiuto della
(pur immensa) carità privata. Ignavia progettuale che rovina la vita.
Massimo Gaggi sempre sul Corriere presenta lo
stato dell’arte del “casino” che abbiamo fatto sul clima. Il WTO l’organizzazione metereologica
mondiale rivela che il livello di CO2 nell’atmosfera ha superato le 400 parti
su milione, cifra che viene giudicata drammatica. E ci informa che ci vorranno
generazioni per riportarla a livelli più “fisiologici” per Gaia, la Terra.
Ignavia progettuale evidente perché sono decenni che si sa che saremmo arrivati
ad un punto che sembra molto di non ritorno, ma nessuno ha fatto nulla di significativo.
E facciano il primo aggancio: a scoprire una
ignavia progettuale al quadrato. Povertà
e guaio ambientale dipendono dal fatto che il modello di economia della società
industriale non è più sostenibile. E’ necessario progettare una nuova economia
per una nuova società. Ma non lo si fa. E’ questa l’ignavia progettuale al
quadrato.
Ed arriviamo ai gangli vitali della nostra
società: le grandi imprese. Ci si attenderebbe da loro progetti Strategici alti
e forti che appaiano, luminosamente, come ologrammi di una nuova economia e di
una nuova società. Invece, quando ci sono (e troppo spesso non ci sono neppure)
appaiono solo come banalità numeriche. Numeri da buttare in pasto ad analisti
sostanzialmente strategicamente sprovveduti. L’ignavia progettuale prospera
anche nei gangli vitali della nostra società.
… Beh, ma noi che c’entriamo? Ah già, noi non c’entriamo
nulla. Piccoli, neri e impotenti … O no?
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