di
Francesco Zanotti
Io ho il forte sospetto che
moltissimi tra coloro che inneggiano al manifesto di Ventotene non l’abbiano
letto. E, quindi, ne abbiamo solo una immagine mitica. Al massimo hanno letto
la seconda parte (due pagine e mezza su quattordici) che è dedicata
esplicitamente al tema dell’Europa.
E’ vero che quelle pagine
parlano dell’esigenza di una Europa unita e federale, ma è vero che propone la
necessità di una Europa federale. Anche se lo fa per eliminare gli Stati
nazionali dai suoi firmatari indicati come lo strumento delle classi dominanti
per sottomettere i popoli. E’ vero che il documento contiene pagine alte e
nobili e che è ispirato da coraggio e contiene lungimiranza.
Ma la visione del processo di formazione dell’Europa che
propone è esattamente all’opposto di quello che stando alle dichiarazioni,
Francia, Germania e Italia vogliono perseguire: la costruzione democratica
dell’Europa dal basso.
Il manifesto di Ventotene
propone, invece, una via rivoluzionaria, esplicitamente antidemocratica e
definitivamente elitaria: guidata da intellettuali che usano il popolo come
arma rivoluzionaria.
Vado citando, il documento è
stato scaricato dal sito dell’ANPI di Novara.
Da pag. 11 a pag. 14, ultimo capitolo. La
situazione rivoluzionaria.
Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le
istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi
democratica fallisce clamorosamente.
Nel momento in cui occorre la massima
decisione e audacia, i democratici si sentono smarrirti
La metodologia politica democratica sarà un
peso morto nella crisi rivoluzionaria.
Un vero movimento rivoluzionario dovrà
sorgere da coloro che hanno saputo criticare le vecchie impostazioni politiche;
dovrà sapere collaborare con le forze democratiche, ma senza lasciarsi irretire
dalla loro prassi politica.
Esso (il movimento rivoluzionario) attinge la
visione e la sicurezza di quel che va fatto, non da una preventiva
consacrazione da parte della ancora inesistente volontà popolare, ma nella sua
coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in
tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle
nuove masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il
nuovo stato e attorno ad esso la nuova democrazia.
Io non voglio intaccare il
mito Spinelli, ma mi sembra assolutamente sconveniente arruolarlo in battaglie
per la democrazia dal basso che giudicava perdenti.
Per concludere, stamattina ho
visto riportata una foto su di un libro sul terrorismo degli anni ’70 Riportava
una scritta su di un muro: democrazia è il fucile in mano alla classe operaia.
Risonanze lugubri.
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