di
Francesco Zanotti
Presidente ApEC
Mi riferisco ad un articolo
di Paolo Giordano. Sul Corriere di oggi commenta una ricerca OCSE-Università di
Pisa sui “Low performing students” dove si rivela che i ragazzi italiani sono
particolarmente “low performing” in Matematica.
L’Autore cerca spiegazioni e
propone osservazioni e spiegazioni pertinenti, come la vetustà e l’inamovibilità
dei programmi di matematica.
Da parte mia vorrei proporre
quello che a me sembra il tema di fondo: dobbiamo piantarla col sostenere che
la matematica sia “far di conto”. E la formazione matematica sia imparare a
fare conti sempre più difficili.
Io credo che il rifiuto sia
al fare di conto banale spacciato come pensiero profondo, non alla matematica.
Perché non si insegna quella
matematica che non è far di conto?
Credo che se si insegnasse
quella matematica che non è far di conto, magari spiegandone l’evoluzione
storica, i ragazzi italiani sarebbero i primi.
Tanti anni fa ho fatto un’esperienza
straordinaria. Ho tenuto un piccolo corso a ragazzi delle medie sul tema: cosa
è un numero usando la teoria degli insiemi e partendo dalla definizione
assiomatica dell’italiano (perché nessuno sa dei grandi matematici italiani?)
Giuseppe Peano.
Successo straordinario. Ma non
perché io sono bravo. Perché sono salito sulle spalle dei giganti. I ragazzi
capiscono subito quando si raccontano loro le grandi idee dell’Uomo e quando si
vuole proporre loro i conti della serva come grande matematica.
A proposito, quando incontrate
un insegnante di matematica chiedetgli: ma cosa sono i numeri? Scoprirete
che pochi sanno spiegare cosa sono quelle cose che vogliono costringere i
ragazzi a maneggiar in modo meccanico. Giudicano “minus habens” chi, anche
senza esserne consapevole, si rifiuta di
dare importanza a banalità. Far di conto non merita una materia pari alle
scienze ed alle lettere. La matematica, invece, lo merita eccome.
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