di
Francesco Zanotti
La Lettura di oggi (l’inserto culturale del Corriere della Sera) propone un’intervista a Jacques Attali e sulle sue previsioni del futuro.
Egli prevede che si
succederanno cinque fasi:
- La fine dall’impero americano entro il 2025
- il mondo policentrico entro il 2035
- l’iperimpero entro il 2050
- l’iperconflitto nel 2060 (con tanto di uso di bombe nucleari)
- l’iperdemocrazia dopo il 2060.
Cosa c’è che non va? L’uso
delle parole. Usa le stesse parole che si usano oggi. E per marcare la
differenza con l’oggi (non si può sostenete che il futuro sarà uguale ad oggi) le
“iperizza”. Il futuro è solo un mix esagerato della realtà attuale. Con un
finale ottimista, ma banale. Ci sarà una democrazia più funzionale di quella
attuale. Ma finali banali sono solo quelli della letteratura di secondo ordine,
non quelli che la realtà costruisce.
Io credo che il futuro sarà
esattamente quello che ci costruiamo ogni giorno usando le risorse cognitive di
cui disponiamo. Il futuro potrà essere catastroficamente simile a quello
immaginato da Attali solo se noi ci rifiuteremo di usare parole nuove e risorse
cognitive nuove.
Dobbiamo andare alla ricerca
di nuove parole, di nuove conoscenze. Altrimenti non ci sarà domani.
Il nostro “strano” libro su
Luhmann è un passo nella ricerca di parole e conoscenze nuove. Credo che siamo
riusciti a dimostrare che un mix di parole e conoscenze nuove permette di
illuminare il presente e di costruire un nuovo futuro che non conterrà nessuna delle
parole che si usano oggi.
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