venerdì 18 settembre 2015

Atei, Dio e la scienza

di
Francesco Zanotti


Sto leggendo un libretto di Edoardo Boncinelli dal titolo Quel che resta dell’anima. Non sto a discuterne il valore scientifico, anche se non posso non pensare che se usasse il concetto di identità emergente risolverebbe un po’ dei problemi che pone. Se, poi, citasse almeno i lavori del Prof. Vitiello …
Tanto meno voglio discutere della competenza scientifica del Prof Boncinelli. Ce l’avessi io …
Quello che voglio discutere è quello stranissimo bias (elemento che distorce) cognitivo che è l’avere in testa sempre un obiettivo: dimostrare che Dio non esiste. Ricordate la fissa di Catone che finiva tutti i suoi discorsi, anche quelli che non c’entravano nulla, con la stessa frase: "quindi Cartagine deve essere distrutta."?
E’ una fissa comune a tutti coloro che si dichiarano atei: dimostrare in modo inoppugnabile che Dio non  esiste. Ora la di là del fatto che dimostrare che qualcosa non esiste è un casino, mi chiedo: ma che gliene frega?.
Chi crede in Dio non si definisce “dimostrante”. Si definisce credente. Pensa certamente che credere in Dio non sia irragionevole, ma non pensa certo di dimostrare l’esistenza di Dio. Capisco, invece, coloro che si dichiarano “non credenti”. Ineccepibile: io credo e loro no! Io non cerco di dimostrare loro che hanno torto e loro fanno lo stesso. Al massimo, un credente invita un non credente a fare esperienza della preghiera.
Ma gli atei proprio non li capsico. Mi preoccupo anche un po’ perché ogni ossessione genera problemi. Se si vuole che ogni ragionamento dia un contributo al dimostrare che Dio non esiste, si finisce anche per forzare la scienza. Me la fate dire tutta? Qualche volta si finisce per propagandare come verità scientifiche vere e proprie sciocchezze …
Stiamo tutti sereni …




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