di
Francesco Zanotti
Sto leggendo un libretto di Edoardo Boncinelli dal titolo Quel che resta dell’anima. Non sto a discuterne il valore scientifico, anche se non posso non pensare che se usasse il concetto di identità emergente risolverebbe un po’ dei problemi che pone. Se, poi, citasse almeno i lavori del Prof. Vitiello …
Tanto meno voglio discutere della competenza
scientifica del Prof Boncinelli. Ce l’avessi io …
Quello che voglio discutere è quello stranissimo
bias (elemento che distorce) cognitivo che è l’avere in testa sempre un
obiettivo: dimostrare che Dio non esiste. Ricordate la fissa di Catone che
finiva tutti i suoi discorsi, anche quelli che non c’entravano nulla, con la
stessa frase: "quindi Cartagine deve essere distrutta."?
E’ una fissa comune a tutti coloro che si
dichiarano atei: dimostrare in modo inoppugnabile che Dio non esiste. Ora la di là del fatto che dimostrare
che qualcosa non esiste è un casino, mi chiedo: ma che gliene frega?.
Chi crede in Dio non si definisce “dimostrante”.
Si definisce credente. Pensa certamente che credere in Dio non sia
irragionevole, ma non pensa certo di dimostrare l’esistenza di Dio. Capisco,
invece, coloro che si dichiarano “non credenti”. Ineccepibile: io credo e loro no!
Io non cerco di dimostrare loro che hanno torto e loro fanno lo stesso. Al
massimo, un credente invita un non credente a fare esperienza della preghiera.
Ma gli atei proprio non li capsico. Mi preoccupo
anche un po’ perché ogni ossessione genera problemi. Se si vuole che ogni
ragionamento dia un contributo al dimostrare che Dio non esiste, si finisce
anche per forzare la scienza. Me la fate dire tutta? Qualche volta si finisce
per propagandare come verità scientifiche vere e proprie sciocchezze …
Stiamo tutti sereni …
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