lunedì 11 maggio 2015

Integrazione finanziaria. Una leva di sviluppo economico

di 
Daniele Frigeri
Direttore Osservatorio Nazionale sull'Inclusione Finanziaria dei Migranti in Italia

Secondo le stime di Banca Mondiale oltre la metà della popolazione mondiale adulta, circa 2,5 miliardi di persone e 450 milioni di imprese, non utilizza servizi finanziari ufficiali in quanto finanziariamente esclusa. In Italia, secondo i dati pubblicati da Eurobarometer la percentuale della popolazione che non ha accesso ad un conto corrente presso un’istituzione finanziaria regolamentata è pari al 25%.
Il tema dell’inclusione finanziaria è entrato a far parte dell’agenda internazionale già nel 2009, quando i paesi del G20 a Pittsburgh ne hanno fatto un impegno formale, fissando le linee di quello che sarà il G20 Financial Inclusion Action Plan, che ha portato all'elaborazione dei “Principles for Innovative Financial Inclusion” adottati durante il Summit di Toronto del giugno 2010 e l’avvio alla Global Partnership for Financial Inclusion (GPFI).
L’inclusione finanziaria costituisce un tassello sempre più necessario perché l’individuo possa agire ed essere soggetto attivo nel sistema economico e quindi anche in quello sociale di riferimento.
Tra le categorie maggiormente a rischio di esclusione ci sono gli immigrati, motivo per cui nasce il progetto “Osservatorio Nazionale sull'Inclusione Finanziaria dei Migranti”  (progetto pluriennale, nato dalla collaborazione fra il Ministero dell’Interno e l’Associazione Bancaria Italiana - ABI http://www.migrantiefinanza.it/) che considera l’inclusione finanziaria come un complesso di attività finalizzate ad aiutare l’individuo non solo ad accedere ma anche ad utilizzare in modo adeguato (rispetto al contesto di riferimento) servizi e prodotti finanziari presenti sul mercato.

Il migrante da un punto di vista socio-economico si configura come un soggetto caratterizzato da una maggiore vulnerabilità. Privo di una storia finanziaria e creditizia, di un patrimonio finanziario a cui attingere e con un maggior livello di precarietà lavorativa, abitativa e di riconoscimento e valorizzazione delle competenze, e scontando anche le difficoltà linguistiche e culturali legate alla sua condizione di immigrato, si trova maggiormente esposto al rischio di esclusione sociale.


La Tavola fornisce un quadro di sintesi dell’evoluzione del processo di bancarizzazione dei cittadini immigrati in Italia relativamente alle 21 nazionalità considerate, che rappresentano l’88% dei cittadini stranieri residenti in Italia e provenienti dai paesi non OCSE. 
Anche sotto il profilo della cooperazione l’inclusione finanziaria in Italia e nei paesi di origine della migrazione può rappresentare uno strumento rilevante, spesso trascurato, in grado di attivare processi virtuosi di sviluppo dei sistemi finanziari nei paesi di origine, in particolar modo rurali, di introduzione di strumenti finanziari innovativi come la microfinanza e azioni di sostegno allo sviluppo di strutture produttive locali in connessione anche con il nostro sistema imprenditoriale. Strettamente connesso a questo processo c’è un ulteriore aspetto che lega l’inclusione finanziaria con l’agenda immigrazione ed è costituito dal ruolo che le rimesse hanno in termini di contributo allo sviluppo dei paesi di origine. La capacità del sistema finanziario di intercettare e contribuire alla canalizzazione e soprattutto alla valorizzazione di questi flussi (in termini di leva finanziaria, investimenti produttivi e non) diviene pertanto essenziale e indispensabile.
Ma non sono solo le rimesse e la maggiore propensione al risparmio evidenziata dai dati dell’Osservatorio a rendere il migrante un soggetto interessante dal punto di vista economico. Nel 2013 l’imprenditoria straniera supera le 500.000 unità, pari all’8,2% del totale delle imprese registrate in Italia; le province di Napoli, Roma, Monza e Milano registrano i tassi di crescita più consistenti. Le imprese a guida straniera si sono espanse a un ritmo di gran lunga superiore a quello del totale delle imprese nazionali (+4,88% nel 2013 a fronte del +0,21% del totale nazionale), grazie a queste si è potuto mantenere il bilancio anagrafico positivo di tutto il sistema imprenditoriale italiano. Le ricerche che l’Osservatorio ha condotto in questi anni su questo segmento specifico ha mostrato che l’imprenditoria dei migranti non è sempre e solo auto occupazione, in alcuni casi, seppur ancora con numeri contenuti, le aziende che gestiscono hanno raggiunto livelli di complessità elevati.
Gli spunti rispetto al tema dell’inclusione finanziaria sono molteplici e di non poco conto se si intende sostenere una reale cittadinanza economica dei cittadini stranieri, attraverso la nascita di soggetti economici dotati delle capacità e degli strumenti adatti a far crescere la nostra economia. Deve essere una comune responsabilità, di centri di ricerca, banche e istituzioni quella di costruire policy e meccanismi che rendano possibile una piena inclusione finanziaria e permettere al nostro paese di crescere ancora.

Daniele Frigeri

Direttore Osservatorio Nazionale sull’Inclusione Finanziaria dei Migranti in Italia

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