di
Francesco Zanotti
Vorrei parlare delle crisi internazionali.
Brevemente, perché le idee importanti non hanno bisogno di retorica.
Nelle situazione di crisi dove tante parti
confliggono all'interno di un mondo che offre immense potenzialità di futuro,
negoziare è controproducente.
Infatti, negoziare significa distribuire il
potere sull'esistente. Ma il problema è proprio l’esistente. In un modo che
offre immense potenzialità di sviluppo, l’esistente (gli stati, le istituzioni,
le imprese) sta perdendo senso. Stati, istituzioni ed imprese stanno perdendo
il loro mordente sulla società. Allora chi ambisce al potere sulla società
cerca di recuperare la perdita di mordente di stati, istituzioni e imprese
cercando di governarne sempre di più. Insomma a mano a mano che l’esistete
perder di senso, la battaglia per impadronirsene diventa sempre più cruente.
Pensate a un gruppo di affamati (di potere) che
vedono la quantità di cibo (potere) diminuire. Il conflitto tra di loro sarà
sempre crescente e, conseguentemente, il negoziato (che cerca compromesso) funzionerà
sempre di meno e i suoi risultati saranno sempre più provvisori. Ovviamente i
mediatori di professione non accetteranno questa mia analisi. Il fatto che i
negoziati falliscano sempre di più non li scuote: ognuno di essi penserà che i
negoziati sono falliti perché non c’era lui a gestirli.
Cosa sostituire al negoziato? La progettualità. Invece
di riunirsi a Minsk (oggi) o in quale località della Libia (domani) per negoziare tregue (solo quello, poi, riusciamo
a negoziare), ci si ritrovi in quegli stessi posti e in mille altri per definire
progetti di sviluppo dei territori contesi.
Ovviamente non serve una classe di negoziatori,
ma di professionisti che abbiano le conoscenze e le metodologie (non qualche
magica, cioè, inesistente potere taumaturgico personale) per attivare e portare
a sintesi processi progettuali complessi.
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