venerdì 20 febbraio 2015

Non negoziati, ma progettualità

di
Francesco Zanotti

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Vorrei parlare delle crisi internazionali. Brevemente, perché le idee importanti non hanno bisogno di retorica.
Nelle situazione di crisi dove tante parti confliggono all'interno di un mondo che offre immense potenzialità di futuro, negoziare è controproducente.
Infatti, negoziare significa distribuire il potere sull'esistente. Ma il problema è proprio l’esistente. In un modo che offre immense potenzialità di sviluppo, l’esistente (gli stati, le istituzioni, le imprese) sta perdendo senso. Stati, istituzioni ed imprese stanno perdendo il loro mordente sulla società. Allora chi ambisce al potere sulla società cerca di recuperare la perdita di mordente di stati, istituzioni e imprese cercando di governarne sempre di più. Insomma a mano a mano che l’esistete perder di senso, la battaglia per impadronirsene diventa sempre più cruente.
Pensate a un gruppo di affamati (di potere) che vedono la quantità di cibo (potere) diminuire. Il conflitto tra di loro sarà sempre crescente e, conseguentemente, il negoziato (che cerca compromesso) funzionerà sempre di meno e i suoi risultati saranno sempre più provvisori. Ovviamente i mediatori di professione non accetteranno questa mia analisi. Il fatto che i negoziati falliscano sempre di più non li scuote: ognuno di essi penserà che i negoziati sono falliti perché non c’era lui a gestirli.
Cosa sostituire al negoziato? La progettualità. Invece di riunirsi a Minsk (oggi) o in quale località della Libia (domani) per  negoziare tregue (solo quello, poi, riusciamo a negoziare), ci si ritrovi in quegli stessi posti e in mille altri per definire progetti di sviluppo dei territori contesi.

Ovviamente non serve una classe di negoziatori, ma di professionisti che abbiano le conoscenze e le metodologie (non qualche magica, cioè, inesistente potere taumaturgico personale) per attivare e portare a sintesi processi progettuali complessi.

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