di
Cesare Sacerdoti
Da anni la nostra industria si culla sul privilegio del Made
in Italy come garanzia di superiorità in qualità, stile, design ecc.; da tempo,
per contro, diciamo, in queste pagine, che prima o poi tanti altri “made in” si
affermeranno sul mercato mondiale e che in assenza di progetti strategici il
nostro made in Italy rischia di perdere valore e di non poter più essere il
fattore competitivo su cui costruire il futuro della nostra industria.

Andando sul sito vedo che “ The THAILAND TRUST MARK is endorsed by the Department of International
Trade Promotion of the Royal Thai Government” e che le aziende che possono
fregiarsi del marchio sono meno di 500.

Leggo in un articolo del 3 gennaio su www.Osservatoriomadein.it che “la Ue non si è data finora un apposito regolamento a tale
riguardo, benché fosse stato proposto nel 2005 dalla Commissione di Bruxelles e
debitamente approvato dal Parlamento. Ma le relative disposizioni non hanno mai
trovato concreto riscontro nell'ambito del Consiglio europeo. E ciò per
l'opposizione della Germania, affiancata peraltro da gran parte dei paesi del
Nord” il che vuol dire che nel titolo di questo post dovrei sostituire Roma con
Bruxelles, ma la sostanza non cambia. Se la strategia di sviluppo dell’economia
del nostro Paese passa per il “made in Italy”, nuvole molto grigie si addensano
sul nostro futuro.
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