di
Francesco Zanotti
Su Nòva 24 stamattina vi è un articolo “futurista” intitolato La metamorfosi del professionista che ripete una litania antica che sta ridiventando di moda: il computer che piano piano, andrà a sostituire l’uomo.
Per fortuna appena sotto c’è un articolo di
Federico Faggin il cui titolo è lapidario: Il cervello non è un computer. Ecco
occorre sapere che l’opinione di Faggin non è una ... opinione. Ma è una certezza
da almeno 70 anni.
Si parte da Godel che aveva dimostrato che ogni
sistema formale “lineare” (una deduzione dopo l’altra) non può essere
contemporaneamente completo e coerente. Si arriva (subito dopo) a Turing che ha
progettato una macchina che fa praticamente una cosa dopo l’altra. Ed ha “scoperto”
la validità del teorema di Godel: non si è mai certi che un programma (un
insieme di istruzioni da far eseguire a quella macchina) sia “completo e
coerente”. Cioè: non si è certi che non finisca ad “oscillare” tra operazioni
che si auto contraddicono. Si chiama: problema dell’alt.
Tutto questo significa che non è desiderabile
che il cervello sia un computer. Rischierebbe in ogni momento di finire in loop
senza fine …
Ma oltre a non essere desiderabile non funziona
proprio così. Lo dimostrano ad ogni passo le neuroscienze.
Allora il computer andrà a sostituire l’uomo
nelle attività “calcolabili”. Cioè quelle che possono essere eseguite
attraverso un insieme di operazioni elementari una dopo l’altra e indipendenti
l’una dall'altra. E sarà sempre un insieme di attività “limitate” e “sperimentate”.
Cioè ha senso pratico far eseguire ai computer programmi che si è certi (e questo
è possibile solo relativamente a programmi banali) il computer eseguirà senza
fare casini.
Il computer sarà sempre e solo uno strumento di
utilizzo vastissimo, ma limitato a determinate attività.
Forse si potrà costruire un cervello
artificiale. Ma non sarà un computer, sarà un cervello umano che non potrà nascere
per assemblaggi industriali, ma solo attraverso un processo di emergenza. E,
per farlo, occorrerebbe avere una teoria dell’emergenza che, io credo, finirà
per essere una teoria dell’evoluzione.
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