domenica 4 maggio 2014

Il dovere di riscatto di una intera generazione

di
Francesco Zanotti


Ho un amico molto più giovane di me, anche se non giovanissimo, che è costretto a venire a patti, sul lavoro, con un signore della mia generazione (i più giovani dei sessantottini) che è solo pretese, prosopopea e ... il nulla. Purtroppo il problema non è solo questo signore, ma il fatto è, mediamente, generalizzabile. Vale per tutta una classe dirigente. Siamo una generazione che dalla voglia di cambiare il mondo è finita o nella disperazione o nelle pretese, nella prosopopea e … nel nulla. Forse abbiamo raggiunto qualche risultato? Molti di noi risultati personali di soldi e di potere. Ma se guardate il mondo dove stiamo costringendo a vivere i giovani, questi “risultati” diventano il racconto di un egoismo e di una povertà incredibile.
E’ banale dire che la mia generazione se ne deve andare a casa.
Non basta! Essa ha il dovere del riscatto. Ecco dove è possibile. Innanzitutto occorre che tutti coloro che hanno raggiunto una certa età si rifiutino di assumere incarichi di gestione operativa. E’ ridicolo un Amministratore Delegato o un presidente del Consiglio con più di sessant’anni.
Poi occorre che scoprano la loro vera e indelegabile responsabilità: quella della conoscenza e, conseguentemente, della saggezza.
Siamo di fronte al finire della società industriale e non siamo in grado di immaginarne un’altra. La causa è che cerchiamo di farlo usando la visione del mondo tipica della società industriale. Ma quale altra è possibile? Tocca a noi “anziani” costruire una nuova visione del mondo, usando tutta la conoscenza disponibile ed affidarla ai giovani perché la usino per costruire la società che desiderano.
Sto immaginando una forma nuova ed antica di dialogo intergenerazionale. I giovani che sperimentano la vita e le persone più mature che osano la conoscenza.
Concretizzando: accanto ad ogni Amministratore delegato e ad ogni Presidente del Consiglio sieda un Presidente della Repubblica o un Presidente del Consiglio d’Amministrazione che sia dotato dell’autorevolezza della conoscenza. Che insegni e non agisca. Che ispiri, ma non condizioni. Sono i giovani che devono sentire il desiderio della nostra parola. Non siamo noi che dobbiamo cercare di imporla con un potere che possediamo, dopo tutto, ingiustamente.


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