sabato 3 maggio 2014

Cambio culturale: che roba è?

di
Francesco Zanotti


Chi non parla dell’esigenza di un cambiamento culturale? Tutti! Anche Mario Platero che sul Sole di sabato 3 maggio dice sacrosante parole, ma che poi finiscono nella genericità.
Dice che dobbiamo fare un cambiamento culturale per eliminare le manifestazioni di intolleranza razziale nello sport.
Ma in cosa consiste? Nel cambiare la cultura dell’appartenenza, della rigidità, della burocrazia e del razzismo.
Sono parole generiche perché, ad esempio, sfido qualcuno a dirmi esattamente cosa sia la cultura della burocrazia. Forse intendeva parlare della degenerazione della burocrazia. Ma, anche in questo caso, non si sa bene cosa siano le cose da cambiare. La burocrazia è anche efficienza e ordine.
Io credo che occorra smettere di parlare di cambiamenti culturali. Ed occorra parlare di aggiungere conoscenza. Allora si individua esattamente quale cultura non basta più. Non basta più la visione riduzionistica del mondo che è sintetizzata nell'edificio teorico della meccanica classica. Essa vale solo per alcune porzioni della realtà. Non vale, però, in nessun modo per i sistemi umani. Per comprendere e gestire i sistemi umani occorre aggiungere alle conoscenze di tutti coloro che dirigono sistemi umani quella nuova visione del mondo la cui costruzione è stata avviata decisamente dalla fisica quantistica.
Usando questa nuova visione del mondo tante cose vanno in soffitta. Va in soffitta il concetto stesso di cambiamento: non si può dire cosa si deve cambiare. Si può dire cosa si può aggiungere. Va in crisi ogni appetito dirigistico ed ogni retorica dei talenti che serve solo a giustificare posizioni di privilegio assurde.

Va in crisi tutto il modello della società industriale che della fisica classica è una realizzazione.

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