di
Francesco Zanotti
Chi non parla dell’esigenza di un cambiamento culturale? Tutti! Anche Mario Platero che sul Sole di sabato 3 maggio dice sacrosante parole, ma che poi finiscono nella genericità.
Dice che dobbiamo fare un cambiamento culturale
per eliminare le manifestazioni di intolleranza razziale nello sport.
Ma in cosa consiste? Nel cambiare la cultura
dell’appartenenza, della rigidità, della burocrazia e del razzismo.
Sono parole generiche perché, ad esempio, sfido
qualcuno a dirmi esattamente cosa sia la cultura della burocrazia. Forse
intendeva parlare della degenerazione della burocrazia. Ma, anche in questo
caso, non si sa bene cosa siano le cose da cambiare. La burocrazia è anche
efficienza e ordine.
Io credo che occorra smettere di parlare di
cambiamenti culturali. Ed occorra parlare di aggiungere conoscenza. Allora si
individua esattamente quale cultura non basta più. Non basta più la visione riduzionistica
del mondo che è sintetizzata nell'edificio teorico della meccanica classica.
Essa vale solo per alcune porzioni della realtà. Non vale, però, in nessun modo
per i sistemi umani. Per comprendere e gestire i sistemi umani occorre
aggiungere alle conoscenze di tutti coloro che dirigono sistemi umani quella
nuova visione del mondo la cui costruzione è stata avviata decisamente dalla
fisica quantistica.
Usando questa nuova visione del mondo tante cose
vanno in soffitta. Va in soffitta il concetto stesso di cambiamento: non si può
dire cosa si deve cambiare. Si può dire cosa si può aggiungere. Va in crisi
ogni appetito dirigistico ed ogni retorica dei talenti che serve solo a
giustificare posizioni di privilegio assurde.
Va in crisi tutto il modello della società
industriale che della fisica classica è una realizzazione.
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