venerdì 19 ottobre 2012

Matteo Renzi: la solita ingenua supponenza di sempre

di
Francesco Zanotti


Il vero problema di Renzi è che si candida. E’ l’atto di candidarsi che è vecchio.

Significa sostenere che si è più bravi di altri. E, così, si disperdono energie in una battaglia per vincere conto altri che, invece, pensano di essere loro i più bravi.
Come fanno i bambini quando al bagno… Lo sapete tutti cosa voglio dire.

Provo ad approfondire. Ho letto il saggio di Renzi su “Il”, il settimanale che il Sole 24 Ore impone di comprare, anche a chi volesse solo leggere un giornale.
E’ un saggio scritto bene, romantico, volitivo. Ma la sostanza è: indico obiettivi (nobili, per carità) e, poi, dichiaro che gli altri si facciano da parte perché loro hanno fatto solo casino e io, invece, saprò realizzarli. La storia della “generazione” non sta in piedi, perché poi la generazione è lui. Lui si sente il profeta di una nuova generazione.

E che c’è di male?
Per spiegare cosa c’è di male, parto di qui: non è citata neppure una volta la parola conoscenza.
Ed, invece, la conoscenza è la risorsa chiave per costruire una nuova economia ed una nuova società. Con indulgenza, nella categoria “conoscenza” si potrebbe metter l’accenno alla “rivoluzione” informatica che, a suo dire è merito delle generazioni nate negli anni ’70 e ’80. Una rivoluzione informatica che a suo dire “sta cambiando per sempre l’economia, la sociologia e la cultura”.
Bene, mettiamocela perché viene a fagiolo. Mi permette di spiegare quanto manca la conoscenza e come, attraverso la conoscenza, si potrebbe disegnare una nuova via di sviluppo per arrivare ad una nuova economia e ad una nuova società. E come sarebbe questa stessa via di sviluppo che farebbe emergere i nuovi leader che non saranno certo quelli che si candidano ad esserlo.

Partiamo un po’ da lontano, ma in grande: cosa ha scatenato il Rinascimento? Il buttare la cultura classica (greca, latina, direttamente o indirettamente attraverso la cultura araba) nel mondo medievale. La vera e fondamentale azione di sviluppo è stata buttare una nuova cultura nella società medioevale che, pure era stata grande, ma stava spegnendosi.
Lo ripeto, a scanso di equivoci: l’azione di cambiamento, di sviluppo è stata il buttare una nuova cultura dentro una vecchia società. E non è stata una persona sola a farlo. Non è stato nessun leader. Non è stato nessun Governo. Non si è combattuta una campagna elettorale lunga un anno (dalla campagna per le primarie alle elezioni politiche) per decidere chi avrebbe saputo buttare meglio una nuova cultura nella società medioevale.

Dopo il Rinascimento, torniamo ora alla “rivoluzione informatica”. E non diciamo sciocchezze. La rivoluzione informatica l’hanno fatta gente come Turing e Von Neumann tra gli anni 30’ e 40’. E nello stesso tempo, ne hanno indicato i limiti: Godel. Poi questa rivoluzione informatica è stata banalizzata, tanto che oggi si parla sempre e solo di ampliare capacità di calcolo, velocità di trasmissione, strumenti di moltiplicazione dei canali di comunicazione.
La rivoluzione informatica è stata solo sintassi (con limiti già indicati da chi l’aveva costruita), ma non semantica.
Questa rivoluzione sintattica non ha certo rivoluzionato la sociologia: l’hanno fatta persone come Luhmann. Neanche l’economia è stata rinnovata perché stiamo ancora distribuendo Nobel a chi trova nuovi algoritmi di ottimizzazione.

Questa parentesi per dire cosa?
Per dire che la vera risorsa su cui giocare è la disponibilità di una cultura radicalmente nuova che sta nascendo in ogni ambito delle conoscenze umane. Per usare uno slogan, direi che si tratta di una nuova visione del mondo “quantistica” … con mille virgolette perché quell’aggettivo può essere fraintesissimo.

Tra l’altro, se il Nostro si accostasse a questa nuova visione del mondo nascente, scoprirebbe che in un “luogo” dove questa cultura si sta formando (le scienze cognitive), si viene a ridicolizzare il tema della sostituzione di una generazione come un’altra. Infatti, queste scienze rivelano che il cervello dell’uomo non perde capacità durante l’invecchiamento, ma cambia le capacità che lo caratterizzano. In sintesi estrema: i cervelli giovani riescono ad interessarsi al particolare, i cervelli maturi al generale. E’ sciocco contrapporre generazioni perché si costruisce futuro solo con un dialogo e una “divisione di compiti” tra giovani e persone mature.

Concludendo, ribadendo e specificando, la cosa che bisogna fare per costruire sviluppo è “radunare” questa cultura, farne una sintesi e buttarla nel mondo.
Basterebbe fare questo per scatenare sviluppo.
Se si provasse a fare questo, si scoprirebbe anche una nuova forma di Governo che non è fondata sul potere, ma è fondata sulla capacità di scatenare processi emergenti. Se volete usare questa parola, una “classe dirigente” che vuole veramente costruire una nuova società è quella che riesce a far nascere “santi, poeti e navigatori”. Una classe dirigente che acquisisce rispetto ed autorevolezza perché è una fonte infinita di conoscenza e speranza per tutti gli aspiranti “santi, poeti e navigatori”. Cioè imprenditori del futuro. Non è quella che si considera capace di avere i valori più “giusti” (fino all’arrivare ad imporli agli altri), che vuole scrivere e navigare lei il futuro.
Allora, amici tutti, convinciamo gli aspiranti politici che, invece di fare campagne elettorali, sarebbe meglio che usassero il tempo e le risorse per immergersi nella nuova conoscenza, farsi veramente illuminare ed andare a raccontarla per il mondo.

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