venerdì 1 giugno 2012

Riforma del lavoro: plauso o consenso?

di
Francesco Zanotti


Il Sole 24 Ore di oggi a pagina 37 riporta una frase del Prof. Monti riferita alla riforma del lavoro: “Un testo meditato fatto non per cercare il plauso delle categorie, ma il futuro dei giovani”.
Mi sembra una frase non solo ingenua, ma sociologicamente ed epistemologicamente “primitiva”.

Sociologicamente primitiva: il problema non è il plauso, ma il consenso. Una riforma è feconda se, grazie ad essa, vi è una nuova mobilitazione di tutte le persone che operano nelle imprese. Una mobilitazione non solo operativa, ma anche progettuale per immaginare nuove strategie e nuove organizzazioni. Se le persone che lavorano in una impresa non sono d’accordo non si faranno certo mobilitare da una riforma che non accettano.

Certo non occorre cercare plausi, ma il consenso sì. E per riuscire a costruire consenso è necessario uscire dalla convinzione (epistemologicamente primitiva) che esistono riforme ottimali che possono essere progettate (calcolate sarebbe la parola più corretta) da tecnici. Il Governo deve strappare tutti dalle loro ideologie, raccogliere le istanze profonde  e costruire una riforma che vada incontro a tutte queste istanze profonde. Il consenso che raccoglie è una misura di quanto sarà riuscito in questo compito.

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