di
Francesco Zanotti
Una delle convinzioni più condivise è che diminuendo le
spese dello Stato si possano diminuire le tasse ai cittadini.
Ora, al di là dell’ovvia osservazione che occorre,
almeno, ridurre con oculatezza per non diminuire il livello dei servizi, non vi
sembra che sia una convinzione profondamente errata?
Se si riducono le spese dello Stato, si riducono i ricavi
di coloro che forniscono beni e servizi allo Stato. Si diminuisce cioè l’imponibile
complessivo. Su un imponibile ridotto non si può diminuire la percentuale di
tasse, occorre aumentarla per mantenere lo stesso gettito fiscale.
Mi si può obiettare che vi sono infiniti sprechi. Ma contro
obietto dicendo che è meglio spendere sprecando piuttosto che non spendere. Certo è meglio
spendere con qualità. Ma questa è la vera alternativa. Quella di ridurre è un
rimedio peggiore del male.
Una parte rilevante della nostra economia vende prodotti
e servizi verso lo Stato, altrimenti lo stesso Stato non avrebbe tutti quei miliardi
di Euro di debiti nei confronti dei suoi fornitori. Per ridurre la spesa
pubblica occorre, prima, riconvertire queste imprese. Altrimenti quello che
risparmieremo in costi lo spenderemo in sussidi. Peggio: trasformeremo
lavoratori in “sussidiati” (in qualche modo), con tutto questo comporta anche
in termini di motivazione, partecipazione, apprendimento, autorealizzazione.
In sintesi, una spending
review fatta “in vitro”, senza calcolare gli effetti che avrebbe su
fatturati ed occupazione è veramente un ragionare primitivo.
La conclusione è la solita: manca totalmente una cultura “imprenditoriale”.
Una cultura capace di immaginare e costruire nuovi mondi. Siamo tutti ragionieri
che sanno tagliare solo uscite e non sanno come fare a incrementare le entrate.
Ragionieri del declino.
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