giovedì 15 marzo 2012

Follia è il suo nome

di
Gianni Rizzi

 

Sono diversi gli autori che si sono occupati della follia come fenomeno di massa. Tra quelli che hanno spinto più a fondo l’analisi vanno annotati Erasmo da Rotterdam ed Emanuele Severino, con divertita ironia il primo, con ferrea determinazione logica il secondo. Ma entrambi sono da tenere in elevata considerazione perché dicono il vero.
La follia fa parte della vita umana e ne è dimostrazione il comportamento delle classi dirigenti europee durante la crisi del 2011-2012. Ne è testimone e partecipe uno dei protagonisti, Mario Monti, come riferisce il quotidiano La Stampa in data 13 febbraio 2012: “Ad un certo punto Monti ha provato a sintetizzare la sua opinione al riguardo con una battuta apprezzata da Obama: «Vede Presidente, io penso che in Germania l’economia è vista come era prima di Adamo Smith, un ramo della filosofia morale».
In altre parole, come poi ha spiegato Monti, con una lettura politico-culturale inusuale in un capo di governo, «non si può perforare il cuore dell’opinione pubblica e del governo tedesco con la suggestione macroeconomica della locomotiva, perché in Germania tutte le politiche economiche sono passate attraverso un filtro particolare, quello della moralità dei comportamenti» e dunque «nella loro visione la crescita è il premio di comportamenti virtuosi microeconomici: il micro più grande che ci sia è lo Stato con il suo bilancio e il più piccolo che ci sia sono la famiglia con il suo risparmio e l’azienda con il suo profitto». La ricetta proposta da Monti ad Obama? «Se la Germania è poco sensibile agli argomenti di domanda aggregata o ad avere un disavanzo un po’ superiore che pure si può permettere, ma può essere invece persuasa a liberalizzare di più il suo mercato dei servizi, con ciò aiutando la ripresa anche dei partner.»
E’ da notare che l’analisi svolta da Monti in merito all’atteggiamento tedesco sull’economia appare razionale, esente cioè da follia. Non altrettanto si può dire tuttavia del passaggio successivo, in cui il Premier sostiene la possibilità di convincere i tedeschi a liberalizzare il loro mercato dei servizi.
In realtà, con le liberalizzazioni, Monti incontra severe difficoltà in patria, come si è visto con i tassisti italiani, figuriamoci il successo con quelli tedeschi...

Gli italiani di questi tempi tendono ad attribuire la follia soprattutto ai tedeschi, sostenendo che le popolazioni germaniche sono periodicamente prese da follia distruttiva e auto-distruttiva. In passato hanno messo in moto e perso due sanguinosissime guerre mondiali, in momenti più recenti si sono limitati a rovinare la vita dei greci, imponendo un’austerity che ha messo in ginocchio la domanda e allontanato ogni ipotesi di crescita, aggravando la questione del debito pubblico ellenico. Con ovvi rischi di effetto a catena in tutta Europa.
Tutte le follie sembrano venire al pettine, dall’euro, moneta senza stato e senza una vera banca centrale, alle parvenze di stato cui sono ridotte le potenze europee, senza sovranità monetaria né sovranità militare, demandata alla Nato. Resta loro la leva fiscale di cui in effetti abusano, soprattutto in Italia. Finché anche da quella - dato l’abuso – dovranno togliere le mani.
La follia colpisce anche gli scandinavi e gli americani, come si evince dalle stragi di giovani in Norvegia e di donne e bambini in Afghanistan, tragedie atroci e per qualche verso analoghe - la follia del movente e dell’esecuzione - anche se consumate in contesti diversissimi. Ma quante altre espressioni di follia sono in opera oggi nelle varie parti del mondo? E’ salute mentale quella che guida il dittatore siriano? Evidentemente no, è follia.
Che fare? Difficile dirlo, in tutti esistono nuclei psicotici che in particolari circostanze possono prendere il sopravvento e - come sembra - diffondersi.
Possiamo però chiamare la follia con il suo nome.

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