di
Francesco Zanotti
Leggo sul Corriere di oggi un articolo di Carlo Rovelli
sul “suo” ’77. Vale proprio la pena di sottolineare l’aggettivo possessivo “suo”
… Un’esperienza individuale mitizzata, fatta a spese della collettività senza
dare nulla in cambio … Come il ’68 .. fino a tutte le primavere che non hanno
portato a nessuna estate …
Certo che il vivere
esperienze collettive intense è bello. Ma quanto sono state feconde queste
esperienze? Se non lo sono state, allora, sono state banalmente una violenza
alle diverse società che hanno accettato di subirle per non trascendere nelle
reazioni. Poi in molti posti si è trasceso nelle reazioni …
Giudizio troppo forte? No!
Lo dimostra, innanzitutto,
il fatto che Rovelli mette sullo stesso piano tutti i movimenti giovanili
protestatari. Che abbiamo generato lutti, salvezze o siano stati solo feste a
base di spinelli in strutture pubbliche per lui non fa differenza. Importate è
che siano state emozionanti per chi le ha vissute.
E lo dimostra il fatto che
nessuna delle esperienze rivoluzionarie, dal ’68 in poi è riuscita a esprimere
(ovviamente neanche a realizzare) una visione di una nuova società. Anche se, ovviamente,
c’è differenza tra primavere arabe, che pur avevano una loro dignità anche solo
nella protesta, e i rivoluzionari imbelli delle classi privilegiate delle
società opulente il cui “messaggio” fondamentale è stato: dovete mantenermi
mentre faccio casino.
In conclusione: io credo che
il diritto/dovere della protesta sia sacrosanto. Ma tanto più la protesta è
forte e giusta, tanto più cresce il diritto/dovere della proposta. Di più: il diritto/dovere
di avviare un processo complessivo di progettualità sociale.
Poi, anche lo stesso Rovelli
è d’accordo con me. All’inizio dell’articolo dichiara che non è in grado di
fare analisi storiche e sociologiche (anche se poi dice che quelle che legge
non le condivide). Ma che scrive per i “miei amici di allora”. Un gruppo di
ragazzi annoiati e pasciuti che approfittavano della pazienza di una società
avanzata che certamente non andava bene, ma era così avanzata da lasciare
libertà anche a proteste di maniera fatte da chi, poi, dopo i “giovenil furori,
si è dimenticato delle contestazioni e non ha esitato a beneficiare (sfruttare?)
della società che ha contestato.
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