mercoledì 15 febbraio 2017

Il ’77 e gli altri: dal ‘68 alle primavere … senza proposta!

di
Francesco Zanotti

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Leggo sul Corriere di oggi un articolo di Carlo Rovelli sul “suo” ’77. Vale proprio la pena di sottolineare l’aggettivo possessivo “suo” … Un’esperienza individuale mitizzata, fatta a spese della collettività senza dare nulla in cambio … Come il ’68 .. fino a tutte le primavere che non hanno portato a nessuna estate …

Certo che il vivere esperienze collettive intense è bello. Ma quanto sono state feconde queste esperienze? Se non lo sono state, allora, sono state banalmente una violenza alle diverse società che hanno accettato di subirle per non trascendere nelle reazioni. Poi in molti posti si è trasceso nelle reazioni …
Giudizio troppo forte? No!
Lo dimostra, innanzitutto, il fatto che Rovelli mette sullo stesso piano tutti i movimenti giovanili protestatari. Che abbiamo generato lutti, salvezze o siano stati solo feste a base di spinelli in strutture pubbliche per lui non fa differenza. Importate è che siano state emozionanti per chi le ha vissute.
E lo dimostra il fatto che nessuna delle esperienze rivoluzionarie, dal ’68 in poi è riuscita a esprimere (ovviamente neanche a realizzare) una visione di una nuova società. Anche se, ovviamente, c’è differenza tra primavere arabe, che pur avevano una loro dignità anche solo nella protesta, e i rivoluzionari imbelli delle classi privilegiate delle società opulente il cui “messaggio” fondamentale è stato: dovete mantenermi mentre faccio casino.
In conclusione: io credo che il diritto/dovere della protesta sia sacrosanto. Ma tanto più la protesta è forte e giusta, tanto più cresce il diritto/dovere della proposta. Di più: il diritto/dovere di avviare un processo complessivo di progettualità sociale.
Poi, anche lo stesso Rovelli è d’accordo con me. All’inizio dell’articolo dichiara che non è in grado di fare analisi storiche e sociologiche (anche se poi dice che quelle che legge non le condivide). Ma che scrive per i “miei amici di allora”. Un gruppo di ragazzi annoiati e pasciuti che approfittavano della pazienza di una società avanzata che certamente non andava bene, ma era così avanzata da lasciare libertà anche a proteste di maniera fatte da chi, poi, dopo i “giovenil furori, si è dimenticato delle contestazioni e non ha esitato a beneficiare (sfruttare?) della società che ha contestato.  

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