domenica 19 febbraio 2017

Bill Gates, industry 4.0 e Big Data: la dittatura di una nuova superstizione

di
Francesco Zanotti

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Leggo sul Corriere di oggi un articolo di Giuseppe Sarcina che riferisce di una proposta di Bill Gates. “Tassiamo i robot che rubano lavoro”: così suona il titolo.
Forse è necessario tener presenta alcune cosette per discutere seriamente di questi temi. E non costruire, come scrivo nel titolo: la dittatura di una nuova superstizione.

Oltre ai “classici”, mi supporteranno le opinioni del prof Giuseppe Longo, espresse nel paper che potete recuperare qui.

Il primo tema da affrontare è che in un computer digitale (che è una concretizzazione del modello della macchina di Turing) ci potete mettere dentro solo alcune cose e non altre. Ad esempio, non ci potete mettere dentro la radice quadrata di due, ma dovete sceglierne una approssimazione. E la scelta di una approssimazione non è mani neutra. Conseguentemente i calcoli che fa il computer generanno conclusioni che dipenderanno dalla vostra scelta di come rappresentare la realtà. Le simulazioni della realtà che fa un computer sono, allora, sostanzialmente un videogioco.
Allora vi scordate di automatizzare la realtà. E qui arriviamo alle opinioni di Bill Gates. Il computer può fare solo certe cose e non altre. Questo significa che nel costruire la nuova Industry 4.0 è necessario aver ben chiare le potenzialità del computer digitale (di una macchina di Touring di cui si conoscono i limiti, anche se nessuno sembra saperlo) e costruire intorno i sistemi sociali che permettono di sfruttare queste potenzialità ... non quelle che ci immaginiamo. Questo significa che le tecnologie digitali non butteranno fuori dal lavoro le persone: permetteranno loro solo di lavorare diversamente. Purtroppo il dibattito oggi sull’industry 4.0 non arriva neanche a discutere dei limiti del computer digitale, si ferma a discutere degli incentivi per comprare quelle particolari macchine di Turing che chiamiamo robot. La domanda: ma come può Bill Gates limitare la sfida posta dalla tecnologie digitali ad una dimensione fiscale?
E arriviamo ai Big Data, alle immense quantità di dati sulla realtà che ci dovrebbero dire tutto sulla realtà stessa. Dovrebbero non solo eliminare gli scienziati, ma anche insegnare ad un imprenditore quale strategia adottare, ai politici quale società costruire etc. Insomma Big data e computer digitali per macinarli dovrebbero sostituire non solo i lavoratori, ma anche le classi dirigenti.
Ed arriviamo al prof Longo. Certo il suo testo è “tecnico”. Ma anche il discutere delle prestazioni di un computer digitale è tecnico. E, insomma, come si fa a discutere di qualcosa senza accettare di riconoscerne la complessità? Si finisce per parlare a sproposito di tasse.
Il prof Longo dimostra (chi non si “sentisse” d’accordo prima di esprimersi legga il paper, però) che quando fate “interpretare” ad un computer immensi data base tirerà fuori anche “significati” che non hanno nulla a che vedere con la realtà. Come individuarli? Beh un suggerimento potrebbe essere: tiriamo a sorte, magari con un cornetto portafortuna in mano. Così invece di scienza e democrazia avremo la dittatura di una nuova superstizione. Buon futuro a tutti.

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