di
Francesco Zanotti
Quando non si sa cosa fare,
si fa un tavolo. L’ultimo: facciamo un tavolo per cambiare l’Italicum. Non
sembri al lettore una battuta di terz’ordine, ma gli unici che hanno qualche probabilità
di trarre qualche beneficio da questi tavoli sono gli eventuali falegnami
incaricati di farli nel vero senso della parola. Che da un tavolo nasca una
progettualità alta e forte è escluso! Esclusissimo.
La ragione sono è tanto semplice
quanto forte: oggi un tavolo diventa una piazza. Dalla quale parlare a quelli
che non stanno seduti introno al tavolo. Ed allora il tavolo diventa cacofonia,
invece che progettualità.
Come si potrebbe avviare un
tavolo progettuale? Occorrerebbe che i partecipanti iniziassero con l’acquisire
nuove risorse cognitive che li rendano capaci di relativizzare le loro
ideologie e leggere con più autenticità le proposte degli altri e le voci nella
società. Poi occorrerebbe che chi governa il tavolo sia esperto di processi di
sintesi. Ovviamente deve disporre di un meta sistema di risorse cognitive …
Discorso troppo complicato?
Forse. Ma se non vogliamo farlo, allora accettiamo di vivere solo in un mondo
di battute di terz’ordine. Dove queste battute diventano l’unica area di
speranza. Nel caso dei tavoli davvero l’unico beneficio sarà per i falegnami
che li costruiscono.
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