lunedì 27 giugno 2016

Brexit acceleratore di autoreferenzialità

di
Francesco Zanotti

Risultati immagini per autoreferenzialità


Innanzitutto dobbiamo dire che la Brexit non c’è stata. Intendo dire che non c’è stato un Evento del tipo “sì” o “no”, bianco e nero, aut aut.
Di preciso, definito, c’è stato solo l’esito di un voto, ma a cosa questo voto porterà nei rapporti tra Ue e GB è tutto da definire. Solo per citare qualche fatto. Innanzitutto il referendum ha solo valore consultivo. Poi, la Scozia non ne ratificherà il risultato e insieme all’Irlanda del Nord, sembra aver intenzione di chiedere di entrare nella UE. Molti hanno votato “leave” solo per protesta spaventandosi dopo la vittoria e milioni di cittadini hanno chiesto di rifare il referendum. Le reazioni dell’UE sono al solito eterogenee: dall’atteggiamento punitivo della Commissione, all’atteggiamento più conciliante, guarda caso, dei tedeschi. In fine, nessuno sa come finirà il negoziato di “divorzio”. Quindi le conseguenze concrete di un evento che non è accaduto sono ad oggi imprevedibili, nel bene e nel male.
Detto questo, quasi tutti hanno capito che la vittoria del “leave” è stato la misura di un disagio profondo da diseguaglianze insopportabili e mancanza di sviluppo.
Ma, purtroppo, quasi tutti hanno risposto riproponendo se stessi, autoreferenzialmente.
I Governi riproponendo l’equazione scientificamente sbagliata: riforme istituzionali uguale sviluppo. Il nostro Premier con il solito volontarismo banale. Gli imprenditori riproponendo i fantasmi della competitività e della produttività. Le istituzioni finanziarie cercando protezioni pubbliche. Se a qualcuno pungesse vaghezza di capire la follia della chiusura autoreferenziale che ho appena descritto, potrebbe leggersi il libro che descrive il pensiero di Luhmann e la nostra proposta che trova presentato a lato di questo post.
La riflessione più profonda, è le letterariamente più brillante”, mi è sembrata quella di Luca Ricolfi sul Sole 24 Ore di ieri “ … il popolo, più che fidarsi dei populisti, non sa a chi altri affidarsi e, votandoli, fa una scommessa tanto scettica quanto disperata”.
In sintesi, punta il dito sule classi dirigenti.
Ma allora dobbiamo sostituirle? No! Dobbiamo dire loro che devono sviluppare progetti alti e forti sia a livello nazionale che a livello di imprese, attori sociali, istituzioni finanziarie etc.
E, soprattutto, fornire loro le conoscenze per farlo. La loro incapacità di visione non è “ontologica”, non dipende da qualche loro carenza personale. Dipende solo dalla povertà delle loro conoscenze di riferimento. Moltiplichiamo le risorse di conoscenza nella loro disponibilità e riusciranno a generare quei progetti di sviluppo alti e forti di cui abbiamo esistenzialmente bisogno.
Il futuro è imprevedibile fino a che non ci decidiamo a costruirlo.


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