di
Francesco Zanotti
Citando gli Autori “una macchina è in grado di
interagire con gli umani seguendo algoritmi di intelligenza artificiale che,
per quanto sofisticati, … non hanno alcunché di sentimentale, di personale o
di emozionale”. E poi ancora “Non esiste tecnologia che possa rendere una
macchina intelligente anche dotata di emozioni e di autocoscienza”.
Il problema sta nel “digitale”. Descrivere con tecniche digitali il mondo
significa farne una semplificazione lineare. Ed ognuno può costruire la sua
semplificazione che non è, nel profondo, equivalente alle altre. Costruire un
mondo digitale significa costruire un mondo anche scintillante, estremamente
funzionale, ma che può essere solo strumentale (utilizzato). Non è dotato di
capacità autonoma di progettualità.
Ma fino a qui siamo solo a dire cosa non è
possibile. Gli Autori (sempre secondo la recensione di Bottazzini) cercano una
tecnologia bioispirata. Una tecnologia, cioè, che riproduce quello che l’evoluzione
biologica è riuscita a fare.
E qui si apre un mondo. Che ha certamente
incognite rilevanti. Ma che non sono quelle di robot digitali contro uomini,
che è una sciocchezza scientifica. Potremmo diventare in grado di costruire
sistemi biologici che abbiano prestazioni umane. Ma potremmo anche inventare
nuovi sistemi biologici che abbiano prestazioni diverse da quelle umane.
Potremmo arrivare a costruire veri e propri alieni. Inventare, costruire ...
forse sono le parole sbagliate. Forse riusciremo a far emergere modalità di
evoluzione e riproduzione di altri mondi biologici. Con tutto lo spavento (ma
anche la speranza) che questa possibilità porta con sé.
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