di
Francesco Zanotti
Venti ed Eventi di guerra scarnificano la nostra
vita. In questi giorni vi è stata un’escalation di guerra. Escalation così
radicale che tutti sembrano combattere contro tutti. La guerra fine a se stessa
perché la vittoria, quando si combatte tutti contro tutti, è impossibile.
Ma non possiamo dire che è colpa del Fato o di
qualche cattivone.
Usiamo sempre e solo un linguaggio di guerra.
La guerra è il linguaggio della Politica: “lotta
dura senza paura” risuona ancora alto e forte. “Resistenza” si chiama quella di
Marino. La vittoria (contro qualcuno con il quale si combattuto) è quella che perseguiamo
(anche nell’inno nazionale). Le elezioni sono battaglie che occorre vincere
combattendo duramente (il fine giustifica i mezzi, come regola) contro l’avversario
politico.
La guerra è il linguaggio dell’economia. Le relazioni
economiche sono sostanzialmente competitive. Il successo è la sconfitta dell’avversario.
Sull’ultimo numero della Harvard Business Review, uno dei tre consigli proposti
in copertina ai manager delle risorse umane è: combatti la guerra dei talenti.
Le lotte di potere tra manager sembrano il sale della vita organizzativa. Si
insegna come gestire i conflitti che sembrano inevitabili. Siamo guerrafondai
anche nelle periferie economiche. Leggete anche il Corriere di oggi in prima
pagina: Aldo Grasso parla di un manager elicotterista che ha picchiato un
giornalista di Report.
Mi si dirà: ma che c’entra il linguaggio? Con il
linguaggio si descrive solo una realtà di guerra che è reale in politica come
in economia. Ecco, credo proprio di no. Il linguaggio struttura la mente e il
mondo. Che altro volete che generi un linguaggio di guerra? Genera la guerra
nel cuore e nel mondo. Credo che per costruire la pace occorra usare
innanzitutto un linguaggio di pace. Che, peraltro, è molto più ricco e bello.
Usare un linguaggio d pace, purtroppo, non è solo più ricco e bello, ma anche più difficile.
RispondiEliminaCome diceva Pagliarani: “Ci vuole molto più coraggio nell’affrontare la complessità e la conflittualità della pace, nei confronti di tutti i giorni, che non nel fare la guerra. Si parla tanto di creatività, eppure non ci dedichiamo di fatto a creare le condizioni, a inventare quello che i conflitti vigenti richiederebbero che inventassimo per affrontarli adeguatamente.. L’arte della guerra si impara facilmente, mentre quella della cooperazione va inventa, è difficile, faticosa”.
Sul tema del conflitto e del perché si cerchi più facilmente la via della guerra che quella pace segnalo il lavoro di Ugo Morelli. Molti documenti, paper, riflessioni sono anche scaricabili gratuitamente dal sito www.polemos.it alla voce “PAPER”.