domenica 5 aprile 2015

Il vuoto dei piani alti e la corruzione

di
Francesco Zanotti

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Giuseppe De Rita venerdì 2 aprile sul Corriere scrive un articolo dal titolo molto forte “Cultura d’impresa. Il vuoto dei Piani alti.”.
La sua tesi è riassunta alla fine: “Ed è questo, forse, l’unico modo per dare sostanza al vecchio termine di politica industriale: non disperdersi in strategia di settore, ma concentrarsi su di un solo fattore, il rinnovamento della cultura organizzativa, quella dei vertici delle aziende, dei gruppi di impresa e delle istituzioni economiche”.

Io aggiungerei una precisazione che rende più concreta la diagnosi (anche meno minacciante) e indica le direzioni di “cura”.
Io non parlerei di cultura, ma di conoscenza. Meglio: risorse cognitive.

In questo modo la tesi di De Rita si trasforma: cari top manager, alti burocrati, imprenditori, politici e tutti voi che governate sistemi umani oggi non state usando la gran parte delle conoscenze che vi servirebbero per governare realmente. E ne avreste bisogno perché oggi (discorso medio, ovviamente) non governate nulla. Cercate solo di sopravvivere e non costruite un nuovo percorso di sviluppo.
Lo stesso De Rita illustra nel suo articolo questa “nuova impotenza”, travestita dal mito dei “Master of Universe”.

In questo modo la “cura” diventa evidente. Occorre raccogliere tutte le conoscenze rilevanti per governare i sistemi umani: dalle imprese alle burocrazie agli stati. Poi è necessario ricavare da esse nuove pratiche di governo, diffondere conoscenze e metodologie e sperimentarle.
Non si tratta di cambiare le classi dirigenti: ci penserà la Natura a garantire il cambiamento fisiologico. E anche una nuova conoscenza (ad esempio le scienze cognitive daranno una rilevante contributo a capire quale può essere il ruolo sociale complementare di giovani ed anziani).
Oggi il problema, urgente, ma affrontabilissimo e senza l’esigenza di rilevanti investimenti. Noi abbiamo sviluppato un Progetto preciso e l’abbiamo chiamato “Expo della Conoscenza”.

Ma che c’entra con la corruzione?
C’entra e si intravvede un nuova prospettiva per superarla. La corruzione è l’inevitabile risultato di strategie puramente relazionali. Infatti, se i top manager o gli imprenditori dispongono solo di risorse cognitive povere, non riescono a vedere e gestire le reali potenzialità di sviluppo. Per sopravvivere, loro e le imprese che guidano, sono costretti a costruire clan relazionali di supporto e protezione. Quando si ha a che fare con Enti pubblici questa relazionalità complice non può che essere chiamata corruzione. Ma essa è anche alla base di clan economici, sociali e politici che fanno si che i rinnovi delle cariche avvengano sempre solo all'interno di cerchie di persone conosciute. Anche quando sembra apparire un cambiamento questo avviene con persone che, pure loro, cercano e costruiscono clan relazionali. Questo accresce la povertà cognitiva delle classi dirigenti e finisce per rendere sempre più inevitabile rimanere ancorati solo alle politiche di clan.
Quante volte parlando di innovazioni profonde si vede l’occhio vitreo ed ignorante del manager o del politico di turno che sa chiedersi solo quanto conti e di chi sei amico.
Quando classi digerenti di questo tipo di interfacciano con la cosa pubblica non possono che considerala cosa di clan. Ne sono costretti dalla povertà cognitiva: fanno quello perché non sanno fare altro.

La prospettiva per superare questa degenerazione relazionale è quella di costringere le classi dirigenti a confrontarsi con la conoscenza, a saper selezionar le classi dirigenti in base alla conoscenza di cui dispongono.

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