di
Francesco Zanotti
Più seriamente: il pensiero discorsivo razionale
come ideologia.
Parto da un fatto ed un articolo.
Il fatto.
Ho partecipato venerdì ad un Convegno sulla Responsabilità Sociale dove ho
rivisto un fenomeno che mi lascia sempre perplesso: l’ossessione che gli
umanisti hanno della misurazione. Voglio “misurare tutto”. Anche se, poi, il
loro concetto di misura è del tutto diverso da quello che la scienza usa:
assegnare univocamente ad un oggetto del mondo un numero razionale
confrontandolo con una unità di misura grazie ad uns specificata procedura che è
caratterizzata da un errore ineliminabile. Vogliono misurare tutto, ma non è lo
stesso misurare della scienza. E non si capisce ben cosa sia …
L’articolo:
sulla Domenica del Sole 24 Ore. Mario De Caro racconta di un libro di Stefano
Poggi dove si “scoprono” le radici culturali dell’astrattismo. E le si trova in
un pensiero che ha come suo campione fondamentale Goethe che vede nell'arte “lo
strumento più nobile per ricongiungere il singolo alla totalità infinita, alla
dinamica organicità del tutto.”.
Ma quello strano (per la sua profonda competenza
filosofica) è che De Caro dichiara che questo modo di pensare è oramai superato
dal pensiero discorsivo razionale.
Mettiamo insieme le cose a questo modo. Sia il
fatto che l’articolo (l’opinione di De Caro) che la pretesa di misura si fondano
su di una visione del mondo che viene giudicata vincente,
E’ la visione riduzionistica del mondo che sta
alla base della società industriale. Essa si esprime nella convinzione che il
mondo possa essere analizzato oggettivamente e che esiste una modalità di
ragionamento unica ed assoluta.
E’ la visione del mondo che sostiene la pretesa
di verità e assolutezza di ogni ideologia. E’ la visione del mondo che porta
inevitabilmente a confliggere: “Ho ragione io! No, tu no!”. E giù botte da
orbi. O guerre.
Per fortuna questa visione non è per nulla
vincente. Vale per aspetti molto limitati della realtà e mai in modo assoluto. Lo
sappiamo da più di un secolo, almeno da quando Poincaré ha scoperto il cosiddetto problema dei tre corpi. Per tutto il resto ci stiamo incamminando proprio
verso la “scoperta scientifica” della totalità e dell’organicità. Della bellezza,
ambizione che ogni costruttore di teorie scientifiche importanti ha sempre covato
nel suo cuore.
Caro Francesco,
RispondiEliminami piaceva riprende la tua osservazione sull’ossessione che gli umanisti hanno della misurazione.
Avevo partecipato ad un convegno a settembre sulla misurazione dell’impatto sociale e mi ritrovo su quanto hai detto. Però il tema di fondo rimane.
Io penso importante misurare e valutare quello che si fa.
Io per esempio mi occupo dei corsi di formazione per disoccupati ed è importante giustificare se questa spesa pubblica ha senso oppure no. Se io faccio un corso di formazione per 15 disoccupati e 7 trovano lavoro (ed erano disoccupati da più di 12 mesi) e ho speso per i corso 50.000 euro, posso dire che il corso giustifica la spesa?
Il decisore pubblico ha bisogno di dati per capire come investire le risorse pubbliche e quindi c’è bisogno di fornire qualche numero.
Per esempio i dati ormai sono concordi nel dire che non ha senso fornire all’assunzione per le imprese. Perché chi assume assumerebbe o stesso e gli incentivi sono solo aiuti alle imprese. Va benissimo aiutare le aziende, ma non pensiamo che questi soldi servano a favorire l’occupazione, non “creano” posti di lavoro. E questi dati con alcune ricerche di tipo controffatuale si riescono a dimostrare. Meglio quindi investire i soldi pubblici in altro modo.
L’ossessione sulla misurazione serve quindi per giustificare certe attività che altrimenti rischiano di sparire o venire tagliate. Come scrivi anche nel post su ETTARDI, al di là della retorica, chi si occupa di risorse umane (o di impatto sociale aggiungo io) non riesce a spiegare esattamente perché sono “strategiche”. E allora cercano dati e numeri in modo quasi ossessivo.
Il problema non è cercare di valutare e dare un senso a quello che si fa. Ma come si misura e cosa intendiamo con questa misura o valutazione.
Stefano
Grazie innanzitutto delle tue osservazioni.
RispondiEliminaMa sono necessarie alcun precisazioni.
Tu mi chiedi se i sette occupati siano significativi. Certo lo sono. Ma questo non da adito a sostenere una serie di cose che ha te sembrano implicazioni "naturali". Innanzitutto non si può dimostrare che il corso sia la causa dei sette occupati. Dovresti avere una legge che lega le azioni del corso al numero degli occupati. Potrebbero essere mille altre le cause. Poichè non hai questa legge non puoi neanche dire che il prossimo corso genererà altrettanti occupati. Da ultimo non puoi sostenere che non si sarebbero potuto ottenere risultatu migliori con altre azioni che non quella formativa.
In generale, poi, i "numeri" non hanno mai convinto nessuno a cambiare comportamenti o adottarne di nuovi.
Il management attaule è veramente solo e soltanto l'ultima area di conoscenza dove un riduzionismo folcloristico rimane vivo ...
Se ti interessa, a tutti coloro che interessa, potrei mandare un capitolo del libro che sto scrivendo dove descrivo come tutti concetti manageriali che ci sono così cari sono fondati su una visione banalizzata della epistemologia della fisica classica. Tutti fisici classici senza saperlo.
Interessante commento. Per fortuna, però, come alternative teoretiche non ci sono solo l'olismo dinamicistico goethiano (concezione francamente obsoleta) e il riduzionismo tecnocratico.
RispondiEliminaPer esempio, sono state sviluppate negli ultimi anni interessanti posizioni intermedie che conciliano antiriduzionismo e pluralismo, da una parte, e anti-irrazionalismo, dall'altra. Per quel che può contare, personalmente penso che sia quella la via da perseguire (e l'ho scritto molte volte, anche se in questo articolo non traspare).
Cordialmente, Mario De Caro
Egregio Professore, la ringrazio per il suo commento. Ovviamente Ella ha ragione sull'esistenza di alterntive possibili. La mia (nostra perchè penso ad un gruppo di amici) alternativa è quella della "emergenza quantistica". Purtroppo in un post non è possibile approfondire più di tanto. Purtroppo non abbiamo ancora elaborato un documento ragionevolmente completo su questo tema. Posso solo suggerire il seguente articolo che costituisce una declinazione del nostro approccio sistemico al caso dell'impresa http://www.intcpm.net/ojs/index.php/icpm2013/article/view/17
RispondiEliminaSu questo blog è possibile trovare altri post che "girano intorno" a questo tema. Ancora grazie ed un caro saluto
Francesco Zanotti
Grazie!
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