di
Francesco Zanotti
… manca il passo finale.
Mi riferisco all’articolo di Carlo Bastasin sul
Sole 24 Ore di oggi. Con un titolo provocatorio ed efficace “La prima Guerra d’Interdipendenza Europea” l’Autore sostiene la necessità di una unione Politica che significhi
collaborazione per lo sviluppo ed eviti gli isolazionismi nazionalistici.
Infatti sostiene che la regola dell’autosufficienza
e non quella della solidarietà cooperante hanno segnato la gestione della
crisi.
Tre frasi mi sembrano, tra le altre, degne di
nota.
La prima: “La narrazione della crisi è stata
come in guerra quella dei vincitori”.
La seconda: “la democrazia parlamentare è stata
accantonata in alcuni Paesi, le elezioni sospese, i referendum ripetuti come se
all’inferiorità economica corrispondesse sempre una minorità politica”.
La terza: “i governi dei paesi in crisi hanno
giustificato ai loro elettori l’esigenza di riforme solo come l’imposizione di
occupanti malevoli.”.
Frasi notevoli anche perché non sono scritte su
di un giornalino rivoluzionario qualunque da un giovanotto scapestrato. Ma sull’organo
ufficiale della Confindustria a firma di un economista autorevolissimo.
Ora questo isolazionismo è sbagliato a causa
della interdipendenza finanziaria ed economica che un ottuso nazionalismo non
può eliminare.
Tutto bene? No, perché ci rimane quel “anche
se … “ al quale dobbiamo sostituire i puntini con contenuti.
Lo stesso Autore sostiene che l’autosufficienza
non è di per sé un fatto negativo. E sta qui il problema. Mi spiego. La causa
profonda delle scelte isolazioniste sta nei sistemi cognitivi delle classi
dirigenti che non sanno costruire programmi e progetti per gestire interdipendenze
profonde che non solo certo solo quelle economiche. Allora cercano di
difendersi da esse. Ma il negare interdipendenze quando ci sono non permette
certo di costruire sviluppo.
Per superare questa povertà cognitiva è
indispensabile vivere una interdipendenza che deve essere soprattutto
culturale. Che diffonda quelle diversità che sono le ricchezze cognitive che
potranno permettere alle classi dirigenti di superare la povertà dei sistemi di
conoscenze di cui oggi dispongono e dei quali siamo tutti ostaggi.
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