di
Francesco Zanotti
Ma rischiano di riprodurre l’eterna illusione
che esista il punto di vista di dio.
La fiducia nei Big Data riproduce l’illusione di
Laplace: se conoscessi posizione momento di tutte le particelle dell’Universo …
Oggi sulla Domenica del Sole 24 Ore leggo la
presentazione di un libro di Dario Antiseri e di Adriano Soi dal titolo Intelligence
e metodo scientifico che rappresenta l’ennesima versione di questa illusione.
Premetto, per correttezza, che non ho letto il libro: ne ho conosciuto l’esistenza
solo stamattina. Quindi le mie osservazioni riguardano la presentazione di
Angelo Maria Petroni.
Credo che tutto si concentri nella sintesi del
pensiero degli autori che fa Petroni e che cito: “… sottolineano come il metodo
scientifico sia unico e si applica tanto alla ricerca nel mondo della natura
quanto all'interpretazione (ermeneutica) del mondo umano.”. La tesi insomma è
che esiste una ermeneutica oggettiva. Ed è la stessa tesi di coloro che parlano
di Big Data.
Questa sintesi, viene poi spiegato, e cito uno
degli obiettivi che si affida ad una interpretazione “oggettiva”: controllare l’esattezza
di una traduzione, generare una traduzione esatta.
Credo che queste tesi rappresentino l’asintoto di non sense a cui giunge la presunzione che esista il punto di vista di dio. Si
arriva al paradosso. Che è, appunto, rappresentato dalla ermeneutica oggettiva.
Che la ermeneutica sia per definizione
soggettiva, credo sia oramai accettato. Ma se proprio si volesse cercare nei
metodi della scienza il supporto per cercare, invece, una interpretazione
oggettiva, occorrerebbe buttare a mare, almeno, tutta la fisica quantistica. E
la matematica post-godeliana. La visione di un metodo scientifico che porta
univocamente alla verità e che esista un ragionare assoluto comporta pensare
solo come un fisico classico o un matematico hilbertiano. Cioè come uno
scienziato a cavallo dell’‘800 e del ‘900.
Secondo voi come si spiega queste esagerazioni
vetero riduzionistiche?
Che, poi hanno anche un impatto politico
rilevante. Perché gli Autori del libro, come cita Petroni, sostengono che “quale
è mai l’operatore di intelligence (l’ermeneuta oggettiva) se non quello di
offrire conoscenze al decisione politico?”. E questo
rivela una visione troppo banale della politica. Una sola osservazione: il
compito del politico non è decidere, ma progettare un futuro che ancora non c’è.
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