di
Francesco Zanotti
“Lo sanno gli scienziati”, immagino sia la
risposta dei più.
Allora il ruolo di noi tutti, che scienziati non
siamo, è solo quello di pagare. E poiché non abbiamo i soldi, ci sentiamo in
colpa …
Forse sarebbe meglio guardare altrove. Per altre
cose dobbiamo sentirci in colpa.
La parola “Ricerca” è limitata ai sistemi
naturali. Ed è una ricerca tecnologica che sopporta malamente la ricerca
fondamentale. Una ricerca tecnologica che produce prosa ostica e ci costringe a
riprodurre costantemente la società industriale.
Ma noi dobbiamo gestire soprattutto sistemi
umani per arrivare a costruire una nuova società.
Allora, occorre una nuova ondata di ricerca sui
sistemi umani. Usando, ovviamente anche tutti i modelli, le metafore i
linguaggi che sono emersi nella ricerca fondamentale sui sistemi naturali.
Quello che dobbiamo aspettarci, di cui abbiamo
bisogno, è una nuova generazione di modelli, metafore e linguaggi che ci permettano
una nuova capacità di comprensione dei processi di emergenza dei sistemi umani,
per riuscire ad attuare nuove strategie di Governo della sviluppo. Magari questa
nuova generazione di modelli, metafore e linguaggi darà un grande contributo
anche alla comprensione del mondo naturale. Si sente già il risuonare di “racconti”
molto simili in ambiti di conoscenza diversissimi. Rischio una sciocchezza:
provate a leggere i “racconti” sul vuoto quantistico e sull'inconscio umano.
Non trovate sorprendenti assonanze?
I nuovi racconti che una nuova ondata di ricerca
può e deve generare non possiamo delegarli ad una presunta élite di
ricercatori. Dobbiamo riassumerne la responsabilità, costi quello che costi. Mi
riferisco alla fatica non ai soldi. Tutti dobbiamo costruire la poesia della
nuova conoscenza.
Per due ragioni. La prima è che ogni funzione
specializzata, sia pure quella della ricerca, a lungo andare, finisce in buche
autoreferenziali. La seconda, forse più importante, è che l’inevitabile
sperimentazione della nuova conoscenza che riguarda i sistemi umani può
avvenire solo nella vita e non nei laboratori.
Il non accettare la responsabilità del costruire
una nuova conoscenza sarebbe la nostra colpa più grave.
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