di
Francesco Zanotti
L’innovazione? Ma nessuno
dice dove, come e perché. Forse è innovazione tecnologica. Forse si individuano
alcune nicchie tecnologiche (nano e biotecnologie,
energia verde). E, poi si finisce a farne una questione di soldi. L’innovazione
da cercare è l’innovazione di significato. Occorre immaginare radicalmente
nuovi prodotti, servizi e sistemi di produzione e distribuzione. Quelli attuali
sono sempre meno desiderati, sempre meno utili, sempre meno compatibili con la
sopravvivenza della specie umana nella natura.
La internazionalizzazione? Sì,
ma se è una internazionalizzazione di mercato, internazionalizzano anche gli
altri. E siamo punto e a capo con una competizione che diventa sempre più
globale e feroce. Stupidamente feroce perché si attiva su prodotti e servizi,
come dicevamo, da cambiare radicalmente. Se è una delocalizzazione produttiva,
è una stupidaggine. Perché vale solo per produzioni povere di intelligenza e
manualità. Che sono incastrate in una competizione di prezzo che non si può
vincere cercando per il mondo chi è più disperato per pagarlo meno. E’
eticamente disgustosa questa “strategia”. Ma è anche dannosa perché lo faranno
anche gli altri annullando ogni possibile vantaggio competitivo e lasciandoci
solo con i costi della delocalizzazione.
Il capitale umano? Si finisce
per ripetere la litania dei talenti, dei cervelli in fuga. E per avviare una
ulteriore competizione: quella sui presunti talenti. Presunti perché non si sa
cosa sia poi questo talento. Si rischia una tautologia: è talento chi cerca
lavoro all'estero.
Abbiamo bisogno, invece che
di una politica dei talenti, di una politica della conoscenza. Dobbiamo superare
la visione del mondo tipica della società industriale, costruire una nuova
visione del mondo. E considerare tutti talenti perché capaci di contribuire,
ognuno a modo suo, a costruire questa nuova visione del mondo che sarà la
risorsa cognitiva fondamentale per progettare un nuovo sistema economico ed una
nuova società.
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