sabato 30 marzo 2013

Expo 2015: è un problema di sistemi cognitivi


di
Francesco Zanotti


Comincia a circolare la voce che non ce la faremo per il 2015 (http://urbanpost.it/expo-2015-sara-rinviato ). Che dovremo rinviare o, addirittura, rinunciare.
Sarebbe un bel guaio!
Ma il problema di fondo non viene discusso neanche ora che si comincia ad aver paura di non farcela.
Qual è?
Semplice: nessuno ha mai parlato di “contenuti”. Si sarebbe potuto e dovuto avviare un grande processo di coinvolgimento progettuale del mondo sul tema di come nutriremo il pianeta. E l’Expo sarebbe stato il momento di rappresentazione, collettivamente (a livello mondiale) organizzato, del primo sforzo di progettualità congiunto di tutte le nazioni del Mondo. Il primo Progetto-mondo della storia dell’uomo. Invece, abbiamo attivato solo grandi discussioni (liti?) sui “muri”. Sì, le opere infrastrutturali. Certo importanti, ma solo condizione necessaria e in nessun modo sufficiente.
Perché nessuno ha mai parlato di contenuti? Perché il patrimonio di conoscenze di coloro che si sono succeduti alla guida di questa che poteva essere una svolta nello sviluppo del mondo, non era in alcun modo sufficiente per affrontare questa sfida. Non sto accusando nessuno, non si tratta di abilità personali. Si tratta di sistemi di conoscenze.
Possiamo ancora riuscirci, perché la conoscenza non è come i muri: si può scatenare anche i tempi brevi un movimento mondiale e di progettazione sulla sfida del nutrire il Pianeta che farebbe di Milano il centro del mondo.
Non è neanche necessario un cambio di dirigenza: basterebbe fornire a quella attuale le conoscenze necessarie a guidare un progetto, in buona sostanza, di progettazione della futura società dell’uomo.
Noi abbiamo indicato una via concreta da percorrere: l’Expo dellaConoscenza i cui dettagli si possono scaricare da questo blog.
Ma, ovviamente, non se ne farà nulla. Scrivo questo blog perché rimanga traccia del fatto che qualcuno ci ha provato a fare dell’Expo la vera via per uscire dalla crisi mondiale che stiamo vivendo. In modo che, almeno dopo il flop, sulla scia di una figura meschina a livello internazionale, si possa cominciare a discutere della conoscenza e non di come abbattere i muri che si sono costruiti inutilmente.

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