mercoledì 12 settembre 2012

Telefoni e produttività … Ma non si sente uno stridio assordante????


di
Francesco Zanotti


Sulla prima pagina del Corriere di oggi sono pubblicati due articoli che mandano due messaggi opposti. Il primo indica un conflitto insanabile che sarà foriero di scontri sociali. Il secondo indica la strada per trasformare questo conflitto in alleanza per lo sviluppo.

Cominciamo dal secondo. Il titolo è “Se un telefono vale un punto di Pil”. L’articolo riassume uno studio di JP Morgan: sostiene che, direttamente ed indirettamente, la proposta sul mercato dell’iPhone 5 (che sarà presentato oggi) genererà un aumento da un terzo di punto allo 0,5% del Pil americano del terzo trimestre del 2012. Cioè: la vendita di un prodotto con le stesse caratteristiche strategiche, costruito in Italia, trasformerebbe la nostra recessione in sviluppo. Non sottovaluto i problemi rilevati dal giornalista sulle inumane modalità di produzione dell’assemblatore cinese di Apple. Ma dico che se in Italia si ideasse un prodotto con quell’impatto sul mercato, non lo si produrrebbe a quel modo.

Ed arriviamo al conflitto insanabile. E’ un articolo di Enrico Marro “Il grande scambio flessibilità-salario”. Egli racconta del futuro “dialogo” tra il Governo e le parti sociali sul tema del lavoro. E rivela quella che viene considerata l’inevitabile l’ipotesi di fondo: se non si aumenta la produttività (affiancata dalla immancabile competitività, anche se nessuno sa dare una definizione professionalmente significativa di “competitività”) non si possono aumentare i salari.

Dove è lo stridio assordante … Meglio: una mancanza di visione sconcertante?
Da noi si finisce per “leticare",  per cercare di fare pagare un po’ meno i prodotti che oggi facciamo, anche se nessuno sa quantificare quanto occorre farli pagare meno e quanto aumento del Pil potrebbe produrre questo fare pagar meno. Si finisce per “leticare” perché l’unica via per fare pagar meno è peggiorare la fatica del lavoro. E i lavoratori non ci stanno.
Gli altri invece sfornano in continuazione nuovi prodotti ognuno dei quali basterebbe a risolvere gran parte dei nostri problemi.

Ma da noi si potrebbe produrre qualcosa di questo tipo? Sì! In ogni angolo di Italia! Certo occorrerebbe un diverso sistema economico (produttivo, finanziario etc.). Ma pensateci bene: il miracolo economico italiano è stato conseguito facendo diventare più produttive le produzioni di prima della guerra? Assolutamente no! E’ stato generato dal proporre sul mercato un “sistema” di prodotti radicalmente nuovo.

E come si può avviare la immaginazione di un nuovo futuro? Il primo passo dovrebbe essere quello di costruire un Libro Bianco dei Segni del tempo Futuro come stimolo progettuale. Potrebbero dare un contributo le grandi imprese. Per le PMI il contributo potrebbe essere dato dalle Associazioni imprenditoriali. Un ruolo rilevante dovrebbe averlo il sindacato che andrebbe “sfidato” sulla individuazione dei Segni del Tempo Futuro.
Noi pubblichiamo una primissima e ridottissima edizione del Libro Bianco dei Segni del Tempo Futuro come possibile primo stimolo progettuale.
Il secondo passo dovrebbe essere quello di diffondere le conoscenze che servono a concretizzare in nuovi prodotti servizi ed imprese. Sono le conoscenze e metodologie di analisi e progettazione strategica che, oggi, sembrano completamente sconosciute.

Sia nel fare il primo che il secondo passo, un ruolo rilevante dovrebbero averlo le Fondazioni bancarie

Il terzo passo sarebbe quello di avviare in ogni impresa e in ogni territorio uno specifico lavoro progettuale. Dovrebbero essere le banche e le Associazioni Imprenditoriali a stimolare e guidare questo processo dotandosi per prime delle conoscenze e delle metodologie di analisi e progettazione strategica


E i lavoratori? Devono diventare i protagonisti fondamentali di questa immaginazione del futuro: dal lavoratore esecutore al lavoratore progettuale. Provate ad immaginare questo shift concettuale e vedete come cambiano i rapporti tra impresa e lavoratori. Su questa base si potrebbe davvero costruire una alleanza di sviluppo tra imprese, lavoratori e banche.

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