martedì 3 luglio 2012

Piccoli mondi chiusi …

di
Francesco Zanotti

Ho letto un’affermazione di Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera di oggi nell'editoriale L’Europa vista da Berlino. “Nel frattempo […] le nostre debolezze sono le stesse di una settimana fa, perché non vi era nulla che il vertice potesse risolvere”. Credo che sia una opinione sacrosanta.
Il vertice europeo di settimana scorsa si è occupato di sistemare i problemi dei debiti sovrani rimanendo all’interno di quel mondo. E i problemi non possono essere risolti a quel modo. Anzi, in quel modo si spostano solo e si rischia di creare bolle.
Giavazzi sostiene che occorre guardare fuori.
Il problema è che propone di guardare al contesto e non dentro al contesto. Egli, infatti, ritiene che occorra prendere misure di contesto: ridurre la spesa pubblica, privatizzare e liberalizzare.
Al di là del fatto che ridurre la spesa pubblica significa inevitabilmente ridurre PIL e capacità di acquisto, credo che la vera debolezza da aggredire sia più a fondo, dentro al contesto. Credo che stia nella debolezza strategica di una parte non banale del nostro sistema industriale. Mi riferisco alla miriade di imprese terziste che hanno legato la loro esistenza a pochi (spesso: ad uno solo) clienti. Immaginando che il rapporto con loro continuasse in eterno ed in modo da permettere loro un guadagno ragionevole. Oggi questi rapporti esclusivi vengono a mancare o permangono a condizioni che non permettono alcuna sopravvivenza. Si tratta di una debolezza difficilmente aggredibile.
Essa traspare nella riduzione della produzione industriale, nella disoccupazione crescente, nel rifiuto di assumere altre persone (segnatamente: i giovani). Soprattutto, nei conti delle banche.
Cosa fare?
Purtroppo la soluzione è strutturalmente semplice, ma cognitivamente difficile. Occorre attivare un grande sforzo progettuale dal basso. Innanzitutto per ridisegnare le strutture strategiche delle imprese. Cioè il tipo di cose che producono. Per le imprese del tipo di quelle che ho citato è inutile cercare di ridurre i costi, attivare una innovazione che può solo essere marginale, cercare di vendere fuori d’Italia prodotti che non interessano più.
E, poi, occorre avviare la nascita di nuove grandi imprese con grandi progetti. Non bastano certo le miriadi di start-up con progetti marginali.
Attivare un grande sforzo progettuale non comporta né grandi risorse, né grandi riforme. Comporta solo cercare nuove conoscenze. Ad esempio le conoscenze necessarie a progettare nuove strategie. Un cambiamento cognitivo, appunto … 

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