di
Francesco Zanotti
Me la sto prendendo con La Repubblica, in prima pagina.
Trascrivo il titolo completo perché lo scandalo sta proprio nel titolo.
Eccolo:
“Dagli studi sul DNA una rivoluzione sentimentale e politica. Vi raccontol’uomo che verrà più buono grazie alla nanoscienza”.
Lo scandalo è multidimensionale …
Lo scandalo è multidimensionale …
Innanzitutto si fa un torto all’autore: Umberto Veronesi.
Quando ho letto il titolo ho pensato: ma come può uno come Veronesi essere
adagiato ad uno riduzionismo biochimico così greve? Infatti non poteva: il
contenuto dell’articolo è tutto altro rispetto al titolo. Non è un articolo che
mi piace perché descrive ancora una ingenua fede in una scienza legata ancora
al paradigma della fisica classica. Ma non contiene nessuna delle sciocchezze
contenute nel titolo. La cosa non mi sorprende perché i titoli non li fanno gli
Autori, ma un titolo così dissonante dal contenuto…
A parte l’italiano un po’ troppo “popolaresco” (L’uomo
che verrà più buono), occorre sottolineare che Veronesi parla di DNA, ma in
termini assolutamente generali. Io, credo, come dicevo, con qualche tendenza
meccanicistica di troppo: “stiamo imparando a riprodurlo”. Lasciando intendere
che, imparando a riprodurlo, si possono ottenere tutte le prestazioni, come se le
prestazioni del DNA fossero “assolute”, come quelle di una macchina e non
contestuali. Ma le sue sono opinioni scientificamente ancora presenti nel
dibattito sul senso della scienza, e, quindi, serie, anche se io non le condivido.
Ma da qui a dire che si riuscirà a costruire un uomo più buono, ce ne passa. E Veronesi questo proprio non lo
dice. Anzi, giustamente, dichiara che oggi “siamo per lo più spiazzati
eticamente giuridicamente”.
E’ vero che parla delle nanotecnologie, ma lo fa
riportando le idee di Negroponte che esalta le nanotecnologie non per il loro
utilizzo (certamente possibile) per modificazioni del DNA, ma per altri usi
meno drammatici.
Conclusione: a due livelli.
Prima: davvero i giornali hanno bisogno di mistificare e
“scopiazzare” la scienza per vendersi?
Seconda: davvero è il momento di chiederci quale scienza
(quindi, quale ricerca, quale tecnologia) per il prossimo futuro. Io credo che
la domanda sia ancora più radicale: quale scienza vogliamo “costruire” per
l’umanità di domani?
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