lunedì 5 marzo 2012

Investire in "cultura"


Ma, quale cultura, quale conoscenza, quale ricerca?

di
Francesco Zanotti

Il mio riferimento è un articolo di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera di ieri: parte bene e finisce … così così.
Parte bene perché riferisce l’obiettivo del Sole 24 Ore che cerca di lanciare una Costituente che “riattivi il circolo virtuoso tra conoscenza, arte, tutela e occupazione”. Ma poi finisce non benissimo perché ritorna alla tentazione di ridurre il problema ad investimenti “museali”, come se di Michelangelo e Leonardo non ce ne potessero essere più.
Davvero la tentazione museale è fortissima … Allora proviamo a fare qualche passo verso un maggiore coraggio. Verso l’obiettivo di fare nascere una nuova stagione dell’umanità dove anche il vicino di casa sia un novello Leonardo. E’ questo l’obiettivo della Associazione per l’Expo della Conoscenza  (ApEC).
E’ inutile che riassuma quanto già scritto. Quanto è reperibile su questo blog: dal manifesto dell’ApEC al libretto (del quale è quasi pronta una nuova edizione). Si tratta di una nuova visione delle conoscenze, di una proposta per un’iniziativa di ricerca sociale complessiva, capace di generare direttamente sviluppo.

Solo per dare un’idea veloce di cosa possa voler dire costruire una nuova conoscenza attraverso una nuova ricerca cito qualche passo del capitolo conclusivo del libro di un fisico famoso: Roger Penrose,  intercalato da miei commenti. Il libro è: The Road to reality.
Scrive Penrose che vi sono due strategie di ricerca (per la ricerca fondamentale che tutti, spero, considerino fondamentale, appunto). La prima è “lavoro di gruppo, massicci calcoli al computer, l’inseguimento delle idee alla moda”. La seconda è la strategia einsteiniana delle “intuizioni di una singola persona”? La sua opinione è che, allo stato attuale della fisica, progressi rilevanti potranno essere ottenuti solo con il primo approccio. In particolare, l’ultima frase del libro (nella traduzione italiana) suona così: “Forse quello di cui abbiamo maggiormente bisogno è un qualche sottile cambiamento di prospettiva – qualcosa che noi tutti ci siamo lasciati sfuggire …"

Cito anche un’opinione del Prof. Gianfranco Minati, che qualche volta scrive per il  nostro blog.  Si riferisce all’opinione/realtà che la ricerca militare sia ancora il driver fondamentale della ricerca.
Sembra che il mondo non sia capace di cambiare gioco.
Al centro ancora la spesa, ricerca e produzione militare http://www.bbc.co.uk/news/world-asia-china-17249476
Il cambiamento di paradigma é ancora lontano, nel senso che mancano teorie concettualmente dirompenti, testabili ...
Bisognerebbe riuscire a pensarlo, farlo emergere.
E questo mentre si deve pensare a strategie per l'energia, la sovrapopolazione, l'alimentazione, il clima, l'inquinamento: forse da questo potrebbe emergere un nuovo paradigma: il problema è che a breve non interessa a nessuno e che è significativo solo globalmente con ricadute singole e non viceversa il globale prodotto da interventi singoli.
Occorrerebbe una grande invenzione imprenditoriale: rendere conveniente a breve e localmente lo strategico.

Aggiungo io: questa grande invenzione imprenditoriale è l’Expo della Conoscenza.

Nessun commento:

Posta un commento