domenica 9 agosto 2015

Giavazzi, matematica, merito, poesia, economia e politica. Ovvero: “Cicero pro domo sua”

di
Francesco Zanotti



E’ tempo di vacanze, lasciamo per oggi politica ed economia. E dedichiamoci alla conoscenza: la matematica e la poesia, in questo caso. Anche se poi alla politica ed all’economia finiremo per tornare.
La matematica, per prima.
Nel settimanale del Corriere “La lettura”, Francesco Giavazzi presenta un libro del matematico Gabriele Lolli: “Numeri”.
Bel libro. Purtroppo presentato male e con lo stile “Cicero pro domo sua”.
Presentato male perché si ha in testa di portare acqua ad un certo mulino (un po’ più concreto della casa di Cicerone che è concreta solo per chi frequenta il liceo) : la misura del merito. Si pensa di fare un’opera apologetica nei confronti della matematica, ma la si presenta solo molto parzialmente. E proprio perché si vuole portare acqua a quel certo mulino.
La si presenta molto parzialmente perché si ha mente solo la matematica come “calcolo”. E si tralasciano almeno due fatti rilevantissimi. Il primo è il fatto che la matematica sia anche strutture, come chiaramente dice Lolli (cap. V: Dai numeri alle strutture). Il secondo è che la matematica sia una creazione continua, anche solo fermandosi al tema dei numeri, come scrive Lolli alla fine del suo libro “La creazione dei numeri dunque continua”.
Ed arriviamo al mulino che, per altro, non c’entra nulla con la matematica. E tutto con la fisica.

Alla fine, la tesi di Giavazzi è che il nostro Paese non è adatto alla matematica perché il nostro Paese avrebbe una “… avversione riguardo al rigore, a un pensiero lineare e sintetico, preferendo un approccio approssimativo e poco attento.”. e no  essendo adatto alla matematica non è adatto a valorizzare il merito.
Innanzitutto, credo che questa sia una delle frasi meno “rigorose” che abbia sentito.
Solo un esempio “lineare”: che significa? Il pensiero lineare è un pensiero troppo semplice per descrivere realtà complesse. Le equazioni che descrivono fenomeni appena un po’ complessi sono non lineari. Quindi; abituiamoci e pensieri non lineari … Come oramai tutti sono convinti si debba fare.
Ma arriviamo al tema chiave, al mulino. “Una società che ha tanto in disprezzo il merito, non può amare i numeri.” Scrive Giavazzi. E a supporto cita una Frase di Lord Kelvin che sostiene che si conosce sono quando si può esprimere la conoscenza in numeri. Cioè quando la si misura.
L’arrivare al merito sembra un salto logico, ma non è così. Provate a rileggere l’articolo dal punto di vista del mulino … “a me interessa affermare il valore del merito (questo è il mulino). Per attuare questo valore è necessario saper misurare il merito.  Solo chi ama la matematica capisce queste cose. Oggi non le si capiscono perché non si conosce la matematica.”.

Allora cominciano a vedere quanto sta in piedi questo pensiero.
La misura che cita Giavazzi è una misura “fisica”. Tanto è vero che cita un fisico: Lord kelvin. Dal punto di vista matematico tutti sanno che vi sono diverse nozioni di misura (di conteggio, di Riemann, di Lebesgue, di Haar, etc.). E non tutti gli “oggetti” (insiemi) della matematica sono misurabili. Un esempio per tutti: l’insieme di Vitali.
Vi sono addirittura branche intere della matematica che prescindono dai numeri. Vedi la topologia
Allora ritorniamo nel campo della fisica.
Non a caso, allora, Giavazzi ha citato Lord kelvin che è un fisico della fine dell’ottocento. Ma quanto è attuale oggi il pensiero di un fisico dell’ottocento?
Era il tempo in cui si credeva che tutto era stato scoperto e che era solo questione di mettere a posto di decimali.
Poi, però, sono arrivate le rivoluzioni oramai notissime della Fisica Quantistica e della Relatività.
Vista dal punto di vista di oggi, dopo queste rivoluzioni, è evidente che l’affermazione di Lord Kelvin, vale solo in modo rigoroso per sistemi classici, cioè che rispondono al paradigma, alla visione del mondo iniziata da Galileo e portata a compimento da Newton. Il quale, però, per primo, non la considerava esclusiva, visto che si occupava anche di alchimia che è l’esatto opposto della fisica classica.
Ora di sistemi rigorosamente classici non ce ne sono. Ci sono sistemi che lo sono con ottima approssimazione: i sistemi meccanici. Ma i sistemi che vuole misurare Giavazzi (i sistemi umani: persone, imprese, ad esempio) non sono per nulla classici, ma quantistici. Questo significa che ogni operazione di misura ottiene risultati che non dipendono tanto dal misurato, ma da chi misura e degli strumenti di chi misura. Sono sempre misure “ontologicamente” soggettive. Cioè, chi pretende di misurare un sistema umano, in realtà misura e solo se stesso. Questo significa che chi stabilisce scale di merito lo fa a suo uso e consumo. Come le sue risorse di misura (le sue risorse cognitive) gli permettono.

Ma supponiamo che un sistema umano possa essere considerato classico. Le modalità con cui oggi lo si misura sono bel lontane dagli standard normali per un fisico. Un fisico non chiamerebbe mai questo modo di procedere (l’uso di test, e questionari) “misurare”. Anche se un sistema umano fosse classico, in questo modo non lo si misurerebbe. Non riesco a spiegarne tutte le ragioni, ma se qualcuno mi “provoca” lo faccio volentieri.
Ed arriviamo alla poesia ed alla politica ed all’economia.
La poesia. Oggi sulla Domenica del Sole24Ore, vi è un articolo del poeta Franco Loi sulla poesia, appunto. Egli dice: “La poesia è una delle arti che operano sulla materia.” E che aiuta a cambiare se stessi. Anche la matematica è arte. Ma non serve a misurare né il mondo né se stessi. Ma riuscire ad immaginare con un linguaggio specifico nuovi mondi.
E finisco con la politica e l’economia.
Politici ed economisti: provate ad immaginare poesie del futuro. Cambierete voi stessi (che, così come siete sembrate o macchiette o tristi burocrati) e solo così potrete cambiare il mondo.


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