venerdì 4 ottobre 2013

Tragedia e proposta

di
Francesco Zanotti


Così, percossi ed attoniti, stiamo tutti noi di fronte a quello che è successo a Lampedusa. Anche nobilmente percossi ed attoniti: “Ma non è forse una cosa da pazzi furiosi definire clandestino un uomo che ha paura di morire?”, scrive Emanuele Trevi sul Corriere. “Vergogna” grida il Papa …
Anche indignatamente percossi ed attoniti perché si chiede che la politica governi (ad esempio, Fabrizio Forquet sul Sole 24 Ore). Qualcuno, meno percosso ed attonito, chiede presidi e difese al di qua ed al di là del Mediterraneo.
Ma nessuno fa proposte radicali. Cosa intendo con proposte radicali? Quelle che vanno alla radice del problema e, proprio per questo sono folli. Come quella che provo a fare.
Innanzitutto, dobbiamo riconoscere che siamo noi ad avere bisogno di loro. Anche delle loro braccia, ma, soprattutto, della loro esistenzialità profonda. Siamo una civiltà stanca ed incancrenita. Dobbiamo rinvigorirci con una nuova umanità. Cioè: non siamo di fronte ad un problema, ma ad una potenzialità di salvezza proprio delle nostre società, dei nostri figli. Siamo di fronte ad una potenzialità di un futuro che, da soli, abbiamo ampiamente dimostrato di non saper costruire. Come tutte le opportunità, anche questa, epocale, universale, se la si snobba, si trasforma in minaccia e tragedia.
Ma cosa fare operativamente?
Fare in modo che questi Paesi si dotino di un proprio Progetto di sviluppo che nasca dalle loro esistenzialità profonde. Non un Progetto di sviluppo costruito da qualche ufficio studi o da qualche agenzia dell’ONU.
E come si fa a far emergere progetti di sviluppo?
Innanzitutto, offrendo a queste persone nuove risorse cognitive perché possano esprimere la loro esistenzialità profonda. Diceva un tempo don Milani, con le parole del tempo: “Ai poveri date il linguaggio. Poi sanno loro cosa dire”.
Secondariamente, attivando un processo di progettualità diffusa (stimolare queste esistenzialità profonde ad esprimersi) che diventa alto e forte proprio perché nutrito di nuove risorse cognitive.
In fine costruendo una sintesi di tutta questa progettualità. Una sintesi che deve sorprendere chi la fa. Che cambia la vita a chi la fa.
Il fare emergere socialmente questi progetti di sviluppo costa relativamente pochissimo (qualche piccolissima parte di una delle tante opere faraoniche che stiamo scioccamente cercando di costruire, senza il senso profondo delle opere dei veri Faraoni) e lo si può fare in tempi brevissimi (qualche mese). Poi vedrete che i soldi per finanziare progetti emozionanti salteranno fuori.
Concludo parafrasando Emanuele Trevi: ma non è forse da pazzi furiosi rimanere a livello di denuncia richiesta, anche lacrime, e non cercare di fare, almeno di ascoltare, proposte?


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