di
Francesco Zanotti

Il processo fondamentale in una democrazia
rappresentativa è la competizione elettorale.
Nelle intenzioni è il momento in
cui i cittadini scelgono chi li deve governare in base alle proposte che i
diversi aspiranti ai diversi ruoli di Governo avanzano.
Nella pratica il fatto di competere per vincere le
elezioni comporta che le diverse forze politiche in competizione propongano le
cose che si pensa raccolgano più consenso. Non è “cattiveria” da parte delle
forze politiche, ma è il portato di aver scelto la competizione elettorale come
processo democratico fondamentale.
Una volta concluse le elezioni, non è che si inizia a
fare sul serio. Inevitabilmente, inizia la competizione per le elezioni
successive. Ed accadono le cose che tutti denunciamo: politici che non hanno
alcuna preparazione o profondità progettuale. Per giocare una competizione
elettorale non serve. Occorre appeal mediatico e, allora, tutti alla ricerca
dell’apparire. Il parlare è importante, l’ascoltare è strumentale.
Occorre, poi, costruire reti amicali. Ed allora ecco i politici
nei posti di potere, qualunque essi siano, fino all’assurdo raccontato da Gian
Antonio Stella sul Corriere della Sera di oggi che ci rivela quali siano i meriti del candidato
alla Vicepresidenza di A2A: Fausto di Mezza. Nel suo curriculum inizia parlando dei genitori
famosi e continua descrivendo incarichi di partito e storie elettorali.
Ma la colpa non è dei Faustini di turno: il problema ha
origini sistemiche. E’ causato dal far coincidere la democrazia con la
competizione elettorale.
Alternative? Mille ed una. Ma se ne può parlare solo
quando è diventato palese il conflitto “sistemico” tra competizione elettorale
e partecipazione sostanziale di tutti a progettare le società prossima ventura.
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