di
Francesco Zanotti
Avrei voluto scrivere una strategia frutto di ignoranza, specificando, poi, che l’ignoranza era da intendere in senso “tecnico”: come non conoscenza. Ma avrei attivato rifiuti pregiudiziali e i lettori si sarebbero chiesti da che parte stavo (dei giovani o dei vecchi?).
Allora ho preferito usare un aggettivo meno aggressivo: “disinformato”, appunto.
Ah, credo che il lettore sappia che mi riferisco allo stramediatizzato conflitto tra Renzi e Bersani, ulteriore manifestazione di quel conflitto strutturale tra giovani ed anziani che è inevitabile in una società industriale.
Perché la strategia del conflitto tra giovani ed anziani è frutto di “disinformazione”? La risposta è banale: le scienze cognitive stanno dimostrando con “evidenze” sempre più “evidenti” che le prestazioni del cervello dell’uomo non degenerano (almeno fino a che non interviene qualche problema fisico), ma evolvono con l’avanzare dell’età. Da giovani si è più portati al particolare, da anziani al generale. Questo significa che giovani ed anziani hanno prestazioni cognitive “complementari”. La disinformazione riguarda la scienza.
Due morali “generali”.
La prima: in un avversario c’è sempre la rivelazione dei nostri errori, dei nostri personali limiti, delle “cose” (valori, issues, profezie) che non abbiamo considerato.
La seconda: una classe dirigente, giovane, vecchia o mista, non può immaginare di cambiare il mondo senza conoscere nulla di come funziona. In questo post ho parlato di scienze cognitive. Ma potevo parlare di fisica quantistica e di mille altre innovazioni in tutte le scienze. Esse sono importanti praticamente (per le innovazioni tecnologiche che generano), ma costituiscono anche (io dico: soprattutto) nuovi linguaggi per parlare dell’uomo e della società. Oggi la nostra classe dirigente (salvo eccezioni, ovviamente) non conosce nulla delle nuove scienze, ma usa, inconsapevolmente, come riferimento concettuale la meccanica classica …
Non illustro ulteriormente questa tesi che è ampiamente discussa in altri post.
Non riesco, però, a non concludere con una serena recriminazione: quando la disinformazione è troppa, diventa davvero ignoranza.
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