mercoledì 29 settembre 2010

Una campagna elettorale “virtuale”. Chi ci sta?


Cambiare il modo di fare politica. Tutti lo dicono. Ma se si guarda bene alle proposte di cambiamento della politica, esse si riassumono in una sola: mettete chi sta all’opposizione al posto di quelli che governano. Non si avanzano nuovi modelli di economia, di società di conoscenza, né si indica un percorso per farli emergere.
La politica è e rimane, anche ufficialmente, una competizione continua. Soprattutto la campagna elettorale. Ho letto stamattina che i tre candidati alle primarie del PD fanno proprio come fa ogni impresa che vuole competere (secondo me anche le imprese dovrebbero smetterla con questa smania di competere): preparano la squadra per gestire la contesa elettorale, scelgono il modo di finanziare questa battaglia, scelgono l’agenzia di comunicazione.
La competizione continua a spegnere la progettualità, cioè il tipo di cosa di cui abbiamo più bisogno. Una progettualità capace di immaginare una nuova economia, in una nuova società attraverso una nuova visione del mondo. Una progettualità sociale, perché si trova il modo di far partecipare tutti a immaginare la città o lo Stato del futuro.
Se si vuole, rimane la minuscola progettualità dei cosiddetti creativi, una progettualità che ha come obiettivo il discredito dell’avversario.
Per evitare tutto questo avanzo, una proposta: una campagna elettorale virtuale.
Le elezioni sono prossime sia a Milano sia, probabilmente, in Italia. Allora, creiamo un gruppo che partecipa al dibattito elettorale con uno sforzo progettuale, ma non si candida. Semplificando: si comporta da candidato, ma non si candida. Un gruppo di questo tipo diventa dirompente perché può essere completamente audace nelle idee, senza alcun calcolo elettorale. Può richiamare sempre gli altri candidati a discutere di contenuti. La campagna elettorale diventa un grande evento progettuale alla fine della quale, non all’inizio, viene presentato un programma. Esso verrà offerto sia a chi avrà vinto le elezioni, sia a chi dovrà interpretare il ruolo dell’opposizione come risorsa che i cittadini che avranno partecipato a costruirla faranno in modo che essa non cada nel dimenticatoio.
Chi ci sta?

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