Ad Elinor Ostrom è stato assegnato il Nobel per l’economia. Significativo, profondamente descrittivo è il titolo di un suo pezzo pubblicato il 13 ottobre 2009 sul Sole 24 ore: Innovazione dal basso. Ella sostiene che “Dobbiamo aprire il settore pubblico all’imprenditorialità ed all’innovazione”. E poi “I cittadini spesso
trovano nuovi modi di mettere insieme i servizi usando un mix di talenti e risorse locali”.
Sono tesi certamente da condividere. Che oggi, altrettanto certamente, merita il Nobel per l’economia. Sono tesi che andrebbero attentamente studiate da tutti i Governanti e tutti gli economisti che stanno progettando grandi riforme dall’alto. E da tutti gli strateghi d’impresa che non hanno ancora capito che la strategia non può nascere da un freddo processo progettuale curato da specialisti.
Ma non è un caso che una economista si sia fermata solo lì …
Non intendo certo sminuire il suo lavoro. Voglio solo osservare che s Elinor Ostrom si è fermata alla metà di un guado dove, certamente, pochi economisti sono giunti, ma che molti altri hanno già superato.
Sono arrivati sull’altra sponda, dalla quale stanno esplorando nuovi orizzonti, tutti coloro che hanno esplorato e studiato i sistemi complessi. Tutti costoro sanno che i sistemi complessi vengono generati da processi emergenti, dal basso. Lo sanno da decenni. Hanno iniziato a intuirlo da quando si è scoperto il ruolo attivo dell’osservatore dalla meccanica quantistica. Hanno, poi, precisato questa intuizione in mille dettagli, fino ad arrivare alla comprensione dei meccanismi dell’auto poiesi e dell’autoreferenzialità che presiedono alla formazione dei sistemi complessi. Fino alla scelta del livello mesoscopico (tra macro e micro) come luogo elettivo per leggere il formarsi di un sistema complesso. Fino alla proposta di Sorgente Aperta, un nuovo metodo di Governo, per stimolare e gestire processi emergenti.
Gli economisti sono rimasti all’intuizione (verificata “sperimentalmente”, dicono loro) che è possibile il governo dei sistemi umani dal basso. Cioè, una scoperta che la fisica quantistica aveva già reso disponibile negli anni ’20. E non stanno usando tutto il resto che abbiamo sommariamente citato prima. Tanto meno il nuovo metodo di governo che abbiamo definito Sorgente Aperta.
Questo isolarsi degli economisti è dovuto alla convinzione che la conoscenza sia strutturata in discipline dai confini giudicati (forse anche voluti) rigidi ed invalicabili. Una conoscenza che coltiva il mito dell’esperto che, forte della “astrusità” della sua disciplina, si auto costruisce un ruolo di “sacerdote del futuro”.
Con in mente questo modello di conoscenza, non si riesce a cogliere la portata rivoluzionaria di una scienza dei sistemi (sistemica), capace di stare al fondo, di ascoltare e fecondare ogni ambito disciplinare. Così si rischia che mille specialisti di mille discipline ripercorrano le stesse strade, senza cercare di imparare da coloro che davvero stanno già sull’altra sponda del guado che tutte le discipline dovranno inevitabilmente superare.
L’economia è, davvero, un esempio eclatante di questa visione della conoscenza. Nei mesi scorsi si è scatenata una battaglia sulla “serietà” o meno dell’economia. Una scienza sulla quale tutti facciamo affidamento, ma che viene messa in discussione perché le si addebitano mille colpe. A queste colpe gli economisti rispondono con una diffusa levata di scudi … Io credo che, invece di accuse e difese, sarebbe il caso di provare a esplorare i fondamenti epistemologici dell’economia. Li si troverebbe simili a quelli della meccanica classica. E, così, si scoprirebbe che gli economisti, mediamente, salvo eccezioni che meritano davvero il Nobel, non hanno neanche iniziato a guadare il fiume che permette di lasciare la landa oramai sfruttata della società industriale che nella meccanica classica ha il suo ideale epistemologico. E si proverebbe a suggerire agli economisti di guardare dall’altra parte del fiume che hanno davanti. Dove vi è chi sta loro tendendo una mano fatta di nuovi modelli e metafore per rinnovare la sua missione di servizio allo sviluppo.
Per rompere gli steccati tra discipline che si stanno inviluppando in sterili autoreferenzialità e favorire una sempre più feconda trans disciplinarità, stiamo immaginando un Expo della Conoscenza nel quale vengano “esposte”tutte le conoscenze che nel secolo scorso hanno superato la visione del mondo propria della scienza “classica” (che ha come modello di conoscenza e di intervento la meccanica classica). Non solo vengano esposte, ma si cerchi anche di capirne l’utilizzabilità nelle diverse discipline per renderle strumenti per costruire una nuova società che superi l’attuale crisi della società industriale.
Proviamo ad immaginare alcuni dei possibili risultati che l’Expo della Conoscenza potrebbe produrre per l’economia:
- l’imprenditore come operatore quantistico
- la competizione auto costruita
- i settori e i distretti industriali come meso strutture
- il fare strategia come creazione sociale di conoscenza
- le regole come sintesi ex-post di processi emergenti
- il Governo dell’economia come attivazioni e gestione di processi emergenti
- le banche e le istituzioni finanziarie come erogatrici non solo di risorse finanziarie, ma anche di linguaggi e metodologie progettuali
- le comunità locali come fonti delle risorse cognitive fondamentali
- le persone come nodi protagonisti delle reti sociali di cui è fatta un’impresa
- la sicurezza come creazione di una comunità di “nodi protagonisti”.
Risultati per l’economia? In realtà pensiamo che dall’Expo della Conoscenza nascerà una vera e propria proposta per costruire quello sviluppo dal basso che alcuni economisti sono riusciti solo a vedere.
Tutto bello ma molto, molto lontano dal pensar comune dell'uomo della strada (e intendo anche i suoi "governanti", dal capo in ufficio in su. Siamo sicuri che non possa esserci una via più comprensibile nell'indicare questa nuova strada? Ad esempio riprendendo "pratiche" in settori diversi e più vicini al quotidiano? Al solo scopo di "aprire" la mente a guardare in una nuova direzione.
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